LA SENTENZA

Processo telematico, copie solo digitali? Ti multano

Una sentenza del Tribunale di Milano condanna a 5mila euro per “responsabilità aggravata” una parte per non aver depositato la “copia cartacea di cortesia”. La sentenza però evidenzia un nodo ricorrente del processo civile telematico: la resistenza del cartaceo

Pubblicato il 18 Feb 2015

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Condannato a pagare 5mila euro per non aver depositato le “copie cartacee di cortesia” in un processo civile telematico. Non era mai capitato prima ed è quanto si legge in una “sentenza un po’ originale” (come avrebbe detto Fabrizio De Andre’) del Tribunale di Milano, per un giudizio fallimentare. La data è del 13 gennaio, ma è emersa solo oggi, guadagnandosi gli strali di tutta la comunità italiana di giuristi digitali (tra cui Daniele Minotti e Andrea Lisi). A quanto risulta al nostro sito, il Tribunale di Milano e l’ordine dei magistrati sono corsi ad annullare questa decisione, ma il problema del cartaceo che continua a regnare. Sul tema il M5S ha annunciato un’interrogazione al ministro Orlando.

I fatti: la parte richiedeva un credito al curatore di un fallimento. Il giudice non solo gli ha dato torto (non ritenendo che avesse diritto a quel credito), ma l’ha anche condannato a 5 mila euro di multa per “responsabilità aggravata”, non trovando la copia cartacea su cui studiare la sentenza.

“In realtà la copia cartacea c’era ma si era persa. Non c’è in effetti nessuna norma che obblighi a produrne una: è solo una cortesia”, spieg al nostro sito Enrico Consolandi, magistrato responsabile informatico del Tribunale di Milano. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto troppo alto il rischio di ricorso e quindi ha scelto di rinunciare a quei soldi, di fatto annullando gli effetti della sentenza.

Il problema resta perché “non si è ancora trovata una soluzione definitiva alla questione. I magistrati hanno problemi a leggere su schermo tutto il procedimento; anche perché i software al momento sono limitati: per esempio non sono aggiornati per consentire la condivisione degli atti di un processo fallimentare. Ed è un problema quando il giudizio è collegiale”, dice Consolandi. Per di più, “non sempre riusciamo ad accedere agli atti perché la firma digitale è scaduta e per aggiornarla la burocrazia richiede settimane”. “Servirebbero più fondi da investire nei software, ma dal 2011 al 2014 ce li hanno tagliati da 110 milioni a 75”.

Il ministero di Giustizia aveva individuato, come soluzione temporanea, che la cancelleria doveva prendersi l’onere di stampare gli atti. Molte cancellerie però fanno resistenza. “Noi pensiamo di dotarci di un centro stampa”, dice Consolandi. Un paradosso, in tempi in cui l’Agenda digitale marcia invece verso il processo civile telematico (la prossima scadenza è il 30 giugno).

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