Il processo civile telematico è salpato il 30 giugno, anche se la traversata per arrivare alla vera e propria dematerializzazione del fascicolo giudiziario sarà ancora lunga. Ma l’aver messo in discussione l’approccio totalmente cartaceo, disponendo l’uso esclusivo dell’online per le notifiche dei decreti ingiuntivi, crea intanto una breccia in un sistema in cui le prime resistenze sono spesso, prima che “tecniche”, di natura psicologica. “La prima criticità è quella mentale – conferma Fabrizio Sigillò, avvocato civilista, consigliere con funzioni di referente informatico dell’ordine degli avvocati di Catanzaro e studioso di scienze delle nuove tecnologie – L’avvocato è sempre restio all’aggiornamento, ancora di più se elettronico e telematico. È un problema squisitamente psicologico, ed è nativo della classe forense. C’entra il timore di sbagliare, anche se i programmi sono testati per evitare errori, e non consentono di procedere nell’invio delle buste elettroniche in presenza di incongruenze o dati mancanti”.
Anche per risolvere questo problema il ministero ha lavorato negli ultimi mesi fianco a fianco con le associazioni degli avvocati e dei magistrati, e i risultati di questo lavoro iniziano a vedersi. “Sul lato depositi – continua Sigillò – alcuni tribunali iniziano a rigettare decreti ingiuntivi cartacei presentati dopo il 30 giugno”.
Temi che sono stati sviscerati nei tavoli che hanno accompagnato e continueranno ad accompagnare l’entrata in vigore del processo telematico, e a cui hanno preso parte i componenti del gruppo di lavoro della Fiif (Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense) del Consiglio Nazionale Forense. “Dal punto di vista della struttura il sistema ha retto l’impatto senza problemi – afferma Daniela Dondi, consigliere segretario dell’Ordine degli Avvocati di Modena – Poi le resistenze, soprattutto davanti a un cambiamento epocale come quello che stiamo vivendo, sono fisiologiche. Da febbraio stiamo affiancando gli Ordini che ci chiedono collaborazione e abbiamo visto che dopo una corretta formazione anche i timori svaniscono”.
Dal canto proprio i giudici dell’Anm, nel documento di proposta conclusivo del tavolo tecnico avviato dal ministero della Giustizia, pur pienamente consapevoli della portata storica di semplificazione e di “modernizzazione” delle nuove norme, evidenziano la carenza di dotazioni strumentali “per garantire il regolare funzionamento del servizio”, e ribadiscono “l’esigenza che i giudici possano continuare ad avvalersi della consultazione cartacea degli atti”.
Ma gli avvocati rifiutano il “doppio binario” cartaceo-digitale, anche se si trattasse di “copie di cortesia”. “Quasi tutti i tribunali hanno sottoscritto un protocollo tra l’ordine degli avvocati locale, i magistrati e le cancellerie, e le differenze non sono eclatanti – continua Dondi – Ma ci siamo posti l’obiettivo di arrivare a redigere il protocollo nazionale unico che entri in vigore prima dell’obbligatorietà del 31 dicembre”.
“Ogni sede di tribunale ha le sue particolarità – sottolinea Andrea Pontecorvo, avvocato del Foro di Roma e componente della Fiif – dall’orario di apertura delle cancellerie alle prassi di gestione delle udienze – Ogni sede, con il consiglio dell’ordine degli avvocati del luogo, aveva sviluppato la propria “best practice” locale. Adesso tutto questo non avrà più motivo di essere. Io da Roma non voglio informarmi sulla prassi locale di Termini Imerese o Verbania: dovrà essere sufficiente attenersi alle regole tecniche e sostanziali. Molto è stato risolto dall’adozione del decreto 90 del 2014, per il quale, come Fiif, ci battiamo non soltanto per ottenere la conversione in legge, ma anche un salto di qualità sulle criticità già segnalate all’ufficio legislativo del ministero”.
Quanto al mantenimento delle copie cartacee, il no degli avvocati è netto: “Non ha nessun senso disporre un’obbligatorietà del deposito telematico se contestualmente c’è l’obbligo di fare anche il deposito cartaceo – afferma Maurizio Reale, consigliere segretario dell’Ordine degli Avvocati di Teramo e referente per il Cnf del progetto “Gol – Giustizia OnLine”. Riteniamo che sia anzi diseducativo: oltre a confondere le idee ai professionisti, non sarebbe la strada giusta per far sì che chi deve utilizzare questi strumenti prenda atto del fatto che c’è stata una svolta, e che non è possibile tornare indietro se non per casi eccezionali”.