“Consolidamento dell’IT e servizi digitali per la pubblica amministrazione: sono i nuovi binari su cui le Regioni stanno lavorando e su cui mirano ad allocare i prossimi fondi europei. Finalmente hanno capito che non serve solo la banda larga e che il digitale è una dimensione trasversale a tutta la società”. Agostino Ragosa, direttore dimissionario dell’Agenzia per l’Italia Digitale, fa il punto sui piani delle Regioni, che sta coordinando, in un momento molto delicato di transizione. “Il 2014 sarà denso di progetti e di scadenze per i piani digitali”.
A che punto sono i piani delle Regioni?
C’è un diverso livello di sviluppo, nella profondità dei piani delle diverse Regioni. Al Centro-Nord sono ormai molto avanzati. Al Sud, meno. Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Toscana e Liguria hanno già messo in agenda il consolidamento delle infrastrutture Ict. Altre devono ancora pianificarlo: Calabria, Sicilia, Campania.
C’è un leit motiv nel consolidamento progettato a livello regionale?
I driver del consolidamento sono gli stessi. La spending review, da una parte; dall’altra la carenza di infrastrutture IT adeguate sul territorio e quindi il bisogno di averne nuove, poche ma buone. Tutte le Regioni inoltre hanno capito di avere un problema di interoperabilità, di affidabilità e di sicurezza dei propri Centri di elaborazione dati.
A parte il consolidamento, le Agende regionali su che cosa si stanno concentrando?
Si stanno concentrando anche sull’introduzione dei nuovi servizi, come il fascicolo sanitario elettronico, su cui le Regioni hanno collaborato con noi per la stesura delle regole tecniche. Ora passano alla fase dell’attuazione. Entro il 30 giugno ci manderanno i progetti, tramite un sito che stiamo lanciando, e dovremo valutarli. Lavorano anche per mettere in piedi infrastrutture di materializzazione, la fatturazione elettronica e la piattaforma degli incassi. Anche qui con diverse sensibilità tra Regione e Regione. Ma ormai molte di queste cose vanno fatte per legge e anzi stiamo provando ad anticipare i tempi. Per esempio quelli della fatturazione elettronica verso le PA locali (ora il termine scatta a giugno 2015). I Comuni, da parte loro, stanno lavorando per collegarsi all’Anagrafe unica.
Qual è la roadmap fissata di qui a fine anno?
Dobbiamo fare per forza il fascicolo sanitario elettronico. Alcune Regioni sono pronte a lanciare i datacenter unici. Entro il 31 dicembre 2014 inoltre si dovrà completare, per legge, il subentro dell’Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente) alle anagrafi comunali. A giugno portiamo in campo il processo civile telematico in tutta Italia. È vero che questo è un servizio dello Stato centrale, ma impatta sui territori: sulle procure e i tribunali locali.
Il piano nazionale datacenter a che punto è?
L’ho già inviato alla Presidenza del Cosniglio e sono in attesa di un’approvazione formale. A parte questo è importante che si stia sviluppando una sensibilità locale sull’importanza della sicurezza e dell’affidabilità dei datacenter. E visto che non ci sono a livello territoriale né competenze diffuse né abbastanza risorse economiche, il consolidamento è visto come necessario. Entro fine anno avremo sicuramente i primi datacenter unici. A questo proposito c’è una buona notizia: alcune multinazionali americane hanno deciso di investire in Italia costruendo da noi i propri datacenter, vedendo che finalmente ce ne sono i presupposti.
Quanti saranno alla fine, i datacenter unici della PA?
Non si può sapere ancora, perché ci sarà una migrazione dai vecchi siti ai nuovi. Ma il consolidamento è un trend affermato, ormai. Tanto che avviene anche nella PA centrale: il Mef consolida verso Sogei. Idem la Corte dei Conti con Cnel e l’Avvocatura generale dello Stato. Il Viminale sta consolidamento le proprie infrastrutture interne. È un trend mondiale: lo fa anche la Nato. Non si può più arrestare. Si stanno vincendo le ultime resistenze delle strutture locali. Nel giro di due tre anni ci sarà un consolidamento di fatto della maggior parte delle strutture pubbliche.
Sui fondi europei 2014-2020, quali sono i lavori in corso?
Entro luglio dovremo concludere l’accordo di partenariato con Bruxelles e vedere quindi quanti fondi saranno assegnati al digitale. Che non consiste solo in banda larga e datacenter, ma anche in servizi: sanità, giustizia, logistica, trasporti. Abbiamo lavorato molto con gli organi tecnici regionali, Cisis e strutture dei sistemi informativi territoriali, per fare i piani regionali da cui dipendono i progetti e i relativi fondi europei. Tireremo presto le somme e vedremo quanti dei fondi complessivi saranno assegnati ai singoli comparti.
In una precedente intervista con il nostro giornale ha detto che all’Italia servono almeno 10 miliardi ma che si punta a 15 miliardi dai fondi europei, per il digitale. Conferma?
Questo è quanto abbiamo stimato, ma è presto per parlare di cifre esatte. Diciamo così: abbiamo fatto capire alle Regioni che il digitale è una dimensione trasversale a tutto, quindi l’allocazione dei fondi nei piani regionali seguirà questo principio. Insomma, i fondi per il digitale non dovranno riguardare solo cose tecnologiche in sé per sé, come la banda larga e i datacenter, ma dovranno essere distribuiti per la riforma digitale di tutti i settori dell’amministrazione pubblica. Finora invece le Regioni hanno allocato i fondi europei previsti per il digitale solo alla banda larga dimenticando i servizi e di fare infrastrutture di datacenter abbastanza sicure e affidabili per supportarli.