Realizzare una PA data driven deve essere una delle priorità strategiche per il rilancio dell’Italia. In audizione alla Camera, la ministra della PA Fabiana Dadone lo dice chiaramente: “Le esigenze di sviluppo del Paese richiedono amministrazioni pubbliche capaci di elaborare e attuare politiche efficaci, di migliorare la qualità dei servizi e di conseguire un significativo recupero di efficienza”.
In questo quadro un ruolo cruciale lo giocano i dati ed ecco perché gli investimenti realizzati con le risorse del Recovery Fund dovranno essere finalizzati alla “digitalizzazione di infrastrutture e servizi e alla condivisione ed interoperabilità dei dati”. Precondizioni, queste, per rafforzare “le strutture organizzative e delle competenze e per semplificare i processi amministrativi”.
Per Dadone “gli interventi di rilancio e resilienza supportati dal Recovery fund punteranno alla modernizzazione ed all’innovazione della e nella pubblica amministrazione”.
I dati degli enti pubblici costituiscono uno dei principali patrimoni digitali non solo della PA, ma dell’intero Paese. Per sfruttarne appieno le potenzialità, il Piano triennale ha individuato una serie di azioni finalizzate a superare la “logica a silos” in favore di una visione sistemica, volta a facilitare l’apertura e il riuso dei dati pubblici, assicurare l’interazione e lo scambio di informazioni tra le PA, garantire la piena collaborazione tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati.
Stop, dunque, a sistemi IT che non si parlano: l’interoperabilità by design è la bussola per la progettazione di i servizi pubblici in grado di funzionare in modalità integrata e senza interruzioni in tutto il mercato unico, esponendo le opportune Api. Concetto che si estende anche oltre i confini nazionali: le PA devono rendere disponibili a livello transfrontaliero i servizi pubblici digitali rilevanti.
Un’esigenza, quella del superamento dei silos, avvertita anche in ambito comunitario: la Commissione Europea ha lanciato il progetto Data@EC che mira, appunto, a trasformare la Commissione in una organizzazione data driven e si articola in una serie di iniziative, che includono anche lo sviluppo di un data lake per l’integrazione dei dati.
I piani per lo smart working
“Il nostro impegno è quello di permettere alle persone di lavorare in modalità agile e flessibile quanto più possibile, ove possibile. Non solo lavorare ma anche imparare e formarsi in remoto, per restare costantemente aggiornati, per non sentirsi mai indietro, per restare al passo e provare l’appagamento di essere nel posto in cui si merita di stare – ha sottolineato la ministra – Occorre riorganizzare le modalità di svolgimento del lavoro pubblico. L’esperienza degli ultimi sei mesi ci ha dimostrato che il sistema può essere snello, produttivo e performante anche fuori dai modelli tradizionali di lavoro nella PA”.
Una PA, dunque, in costante evoluzione, partendo anche dalla “trasformazione dei luoghi di lavoro, dell’organizzazione, delle procedure e dalla promozione di modalità flessibili di lavoro, in termini di spazio e di tempo”.
In cantiere ci sono i Pola, i Piani organizzativi del lavoro agile. “Attraverso i Pola che le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad elaborare ed approvare a decorrere dal prossimo gennaio – ha detto – vogliamo finanziare l’adeguamento e la fornitura della dotazione strumentale necessaria al Lavoro Agile: le varie amministrazioni, nella predisposizione dei piani, potranno contare su risorse destinate a riorganizzare il lavoro in modalità agile, grazie alla mappatura delle attività che possono essere svolte anche non in presenza senza alcun impatto negativo in termini di quantità e qualità di erogazione dei servizi, grazie all’acquisto di dispositivi, software, servizi dedicati, grazie alla programmazione di percorsi formativi in ambito digitale e informatico, allo snellimento delle procedure”.
Tra le azioni funzionali a una Pubblica amministrazione più efficiente, e trasformata nella sua organizzazione, c’è “la creazione del fascicolo digitale del lavoratore della PA al fine di avere a disposizione una banca dati unica e condivisa con il dettaglio delle competenze e della formazione svolta dai dipendenti”, annuncia la ministra. Ciò anche, spiega a “supporto della programmazione dei fabbisogni di personale delle singole PA e di favorire la mobilità del personale per colmare fabbisogni di competenze specifici e per programmare piani di reclutamento”.
Un nuovo sistema di reclutamento
Il primo tassello del percorso di riforma deve passare per il rilancio del sistema di reclutamento, innalzandone il livello, cambiandone sistemi e modalità. “Le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad assumere un ruolo centrale per la ripresa e il riscatto del Paese e delle future generazioni – ha spiegato Dadone – Lo sviluppo e la competitività del sistema Paese necessitano di interventi sistemici e coordinati che rafforzino la capacità amministrativa, in termini di modernizzazione, efficacia, accountability e trasparenza. Un Paese competitivo poggia su una amministrazione pubblica di qualità, in termini di servizi erogati, di esigenze reali soddisfatte, di infrastrutture e procedure innovative e di personale qualificato”.
Per la ministra, “in primo luogo è necessario aprire le porte dei Palazzi e di quelli che saranno i nuovi punti di accesso e di lavoro dell’amministrazione alle nuove leve, ai giovani che rappresenteranno i bisogni delle nuove generazioni. È il momento di sradicare l’immagine obsoleta della pubblica amministrazione: oggi abbiamo poco più del 2% di dipendenti al di sotto dei 34 anni”.
“La PA deve diventare attraente per i giovani e grazie ai giovani, smuovendo passioni, ponendosi come unambizione di successo personale, appagante e creativa. Un punto di partenza per la crescita di ciascun nuovo dipendente pubblico, che sia sfidante e arricchente. Sarebbe miope, però, se ragionassimo solo in termini di nuove generazioni. Troppo spesso – ha detto ancora il ministro – la politica e i governi si sono lasciati andare ad un approccio ‘giovanilista’ illudendo le nuove generazioni e dimenticandosi di quanti sono già impiegati nella PA. Per questo motivo, una direttrice dell’azione di questo Governo sarà quella di motivare e valorizzare chi in questi anni ha lavorato nella PA: una risorsa da supportare con la formazione continua che possa colmare il gap di competenza e ridurre il senso di inadeguatezza, che possa riaccendere l’entusiasmo e la voglia di fare sempre meglio. Che possa supportare quell’innovazione organizzativa ed amministrativa, declinata anche in senso digitale e tecnologico che sarà una delle direttrici fondamentali del Piano”.