Il Garante per la privacy dà il suo ok alla piattaforma del redditometro, vincolando però il via libera definitivo ad alcune modifiche su spese certe, diritto al contraddittorio, esattezza dei dati e informative ai contribuenti. Tutte questioni che azzereranno i “profili di criticità” e porteranno lo strumento in linea con le norme sulla riservatezza dei dati personali.
Per iniziare il garante sottolinea che sarà possibile risalire al reddito del contribuente utilizzando esclusivamente le spese certe e quelle che valorizzano elementi certi, senza ricorrere a spese presunte sulla base della media Istat, che ha margini di errore consistenti in eccesso o in difetto.
Allo stesso modo il “fitto figurativo” (che si attribuisce al contribuente quando non risulti un’abitazione in proprietà o locazione nel Comune di residenza) non potrà essere usato per selezionare i contribuenti su cui svolgere accertamenti, ma soltanto per in una fase successiva di un contraddittorio già in atto. Il “fitto figurativo”, quindi, entrerà in gioco soltanto dopo che sarà stata verificata con esattezza la composizione del nucleo familiare, per evitare incongruenze (In caso contrario a 2 milioni di minori avrebbero potuto essere attribuite le spesa fittizie per la locazione di un’abitazione).
Sarà importante focalizzare l’attenzione sulla prevenzione e la correzione delle anomalie che emergono dalla banca dati, come ad esempio le incongruenze tra famiglia fiscale e anagrafica, che è cruciale per ricostruire con esattezza il reddito familiare.
Il contribuente, inoltre, dovrà ricevere tutte le informazioni, con un allegato al modello per la dichiarazione dei redditi, oltre che disponibile online, sul fatto che i suoi dati sensibili saranno utilizzati anche per il redditometro.
Infine invitando il contribuente al contradditorio lo si dovrà informare con precisione su quali tra i dati richiesti siano obbligatori e quali facoltativi, e quali siano le conseguenze di eventuali inadempienze. Non si potrà chiamare il contribuente al contradditorio sulla base dei dati presunti di spesa, perché una richiesta di questo tipo sarebbe in contraddizione con i principi generali di riservatezza e protezione dati.