“Va dato atto al governo di procedere con decisione e capacità verso la riforma della PA, ma per accelerare la trasformazione digitale serve un coinvolgimento più forte del settore Ict ”. È il giudizio di Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, sul pacchetto di decreti attuativi licenziati in via preliminare dall’ultimo Consiglio dei ministri.
Un giudizio in chiaroscuro il suo…
No, chiariamo subito una cosa. Questo governo sta dando prova di grande volontà riformatrice, anche sul fronte digitale. I provvedimenti usciti dal Cdm vanno apprezzati perché prevedono una stringente tabella di marcia e perché stabiliscono sanzioni per le PA inadempienti. Come Confindustria Digitale abbiamo sempre detto che la differenza nelle politiche per il digitale la fa l’attuazione e il governo sembra averlo compreso appieno. E non solo il governo, aggiungo.
Si spieghi.
Sono notizie di questi giorni l’investimento da 100 milioni di dollari che farà Cisco in Italia e l’impegno di Apple annunciato su Napoli. Notizie che danno il polso di come sta cambiando le percezione di chi guarda all’Italia con intenzione di investire. Non è un caso che sia accaduto quando ci sono grandi movimenti riformatori in corso. Diciamo che le condizioni per colmare il nostro storico gap digitale si stanno creando.
Ci sono le leggi, c’è un governo riformatore. Eppure si teme ancora che resti tutto lettera morta. Che si può fare per evitarlo?
È assolutamente necessario – e questo che manca all’azione del governo – creare un collegamento forte tra le istituzioni e le imprese in modo che l’Agenda digitale venga finalmente realizzata.
A cosa si riferisce quando parla di un collegamento?
A una collaborazione stretta e continuativa sui grandi progetti Paese: penso allo Spid o all’Anpr, iniziative per le quali la chiave di volta è la partnership pubblico-privato. Ecco, per progetti così importanti è necessaria un’azione di co-design e co-programmazione tra governo e industria per strutturare modelli di business sostenibili. Spesso è questa mancanza che rischia di far naufragare i progetti. Per esempio, anche sul fronte della Sanità digitale aspettiamo di essere coinvolti per creare un modello economicamente sostenibile che concili efficienza e ritorni economici.
Nei decreti attuativi è prevista la creazione della conferenza permanente per l’innovazione tecnologica. Come giudica questa scelta?
È importante che finalmente ci sia un organo a Palazzo Chigi che tenga le redini della governance, soprattutto politica. Detto questo, in linea come quanto ho spiegato poc’anzi, quella struttura deve essere aperta alle impresa. Non per portare a casa contratti ma per disegnare la nuova Italia digitale.
Altra novità riguarda il taglio delle partecipate. Lei che idea si è fatto?
Senza dubbio è positivo l’obiettivo di voler razionalizzare. C’è un grande bisogno di creare economie di scala. Ma c’è un grande nodo che ancora non si riesce ad affrontare.
Quale?
Cosa vogliamo che diventino queste aziende ? Molte di esse sono Spa ma, al contempo, hanno una sorta di dipendenza “figliare” nei confronti delle PA di riferimento: sono “para-dirette”. È tempo di liberarle, di farle diventare imprese a tutti gli effetti, solo con una governance responsabile e indipendente riusciranno a raggiungere i loro obiettivi.