La cosa più efficace che la Commissione ha prodotto per il lancio del Digital Single Market, discusso ampiamente su questa testata, è il grafico che illustra come oggi è realizzato il mercato digitale: il 42% è rappresentato dai servizi online dei 28 Stati membri, per il 4% da servizi europei transnazionali, per il 54% da servizi basati negli Usa. Dati che fanno riflettere. Proviamo a farlo in due passaggi.
1. La lingua e la dimensione del mercato. I 28 Stati messi insieme pesano meno, quanto a servizi offerti, degli Stati Uniti. Ma nei servizi statali ci sono tutti i servizi pubblici, quelli erogati dalla PA, che non sono presenti nei servizi basati negli Stati Uniti. Il confronto quindi è spurio. La realtà è che gli Stati Uniti sono la sede dei grandi hub di internet e delle relative app. Gli Stati membri sono la sede dei servizi online della PA. Quando una app ha successo negli Usa, la dimensione di quel mercato è tale che il successo è assicurato anche in Europa (e nel mondo) la cui unica lingua franca è comunque l’inglese. Le startup europee partono in genere nella madre lingua, anche se hanno ben presente il problema dell’inglese, ma devono crearsi una nicchia nella loro patria linguistica, e questo penalizza la loro crescita potenziale.
Ad alcuni sembrerà un paradosso, ma la maggiore conoscenza dell’inglese, lungi dal significare la resa alla predominanza americana, aiuterebbe a fa crescere la competitività europea e, nel nostro caso, italica nei confronti della capacità di iniziativa americana. E l’Europa? Sembra non essere la sede di nulla.
2. La PA europea. Nello sviluppo del mercato digitale unico, la Commissione punta sia su investimenti infrastrutturali sia sulla diffusione di standard: dalla diffusione della banda larga all’eliminazione del roaming, all’affermazione di standard come identità digitale e patient summary (fascicolo sanitario minimo), allo sviluppo dell’e-commerce per Pmi e dei big data per le grandi aziende. Questi temi ripropongono la questione della competizione tra Ue e Usa, con una qualificazione: la competenza informatica della forza lavoro, delle Pmi, della PA. Quindi scuola, innovazione e e-government sono le leve che l’Europa deve prendere in mano per lo sviluppo dei servizi al cittadino. Lo deve fare a livello europeo, non degli Stati membri. Questo spostamento del baricentro burocratico verso Bruxelles darebbe un contributo significativo all’ammodernamento della PA che senza una rottura normativa e culturale non è in grado di autoriformarsi. Lo dimostra il mezzo secolo di inattività.