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Open data, sprint della Ue al riuso gratuito

Pilastro della direttiva è che tutte le info accessibili debbano essere rese disponibili gratuitamente per il riutilizzo e lo sviluppo di servizi innovativi. Le nuove regole si applicheranno anche alle aziende dei trasporti e alle utility. Bruxelles a lavoro per definire i dataset di riferimento. Intesa anche sull’interoperabilità dei sistemi di comunicazione transfrontaliera tra ministeri

Pubblicato il 05 Feb 2019

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Riuso gratuito dei dati delle PA. E’ questo il fulcro dell’accordo raggiunto tra Parlamento europeo, Consiglio Ue e Commissione per la revisione della direttiva sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (Direttiva Psi). Il principo che anima la direttiva è quello, appunto, secondo il quale tutti i contenuti del settore pubblico accessibili ai sensi delle norme nazionali debbano essere resi disponibili gratuitamente per il riutilizzo. Gli enti pubblici non potranno imporre tariffe superiori ai costi marginali per il riutilizzo dei loro dati, tranne che in casi eccezionali.

Dataset ad alto valore, quali le statistiche o i dati geospaziali – secondo la Ue -hanno un notevole potenziale commerciale e possono accelerare lo sviluppo di un’ampia gamma di prodotti e servizi di informazione a valore aggiunto.

La direttiva sarà estesa anche alle imprese di servizio pubblico nel settore dei trasporti e dei servizi di pubblica utilità.  Nel merito, la decisione sulla possibilità di rendere questi dati disponibili deve essere presa in base alle diverse normative nazionali o europee, ma – una volta resi disponibili per il riutilizzo – tali dati rientreranno nell’ambito di applicazione della Direttiva Psi. Le imprese dovranno rispettare i principi della direttiva e garantire l’uso di formati per i dati e di metodi di diffusione appropriati.

Si punta anche ad adottare misure di salvaguardia per rafforzare la trasparenza e limitare la conclusione di accordi che potrebbero portare a un riutilizzo esclusivo dei dati del settore pubblico da parte dei partner privati.

Cruciale l’uso di interfacce Api (Application Programming Interfaces) per di favorire lo  sviluppo di prodotti e servizi innovativi (ad esempio applicazioni per la mobilità) da parte delle imprese e, soprattutto, delle start up.

Gli Stati membri saranno tenuti a elaborare politiche per l’accesso aperto ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici, mentre a tutti i dati di tale natura, resi accessibili tramite archivi, saranno applicate norme armonizzate in materia di riutilizzo.

“La valorizzazione del patrimonio informativo è una della priorità che la Commissione si è data attraverso la Digital Single Market strategy – si legge in una nota –  arrivando a definire un quadro normativo volto a incoraggiare ed agevolare il riutilizzo dei dati prodotti dal settore pubblico, imponendo vincoli minimi dal punto di vista giuridico, tecnico e finanziario”.

La revisione della Direttiva Psi ora in discussione continua ad andare proprio in questo senso. Dopo  l’adozione del 2003 e la significativa revisione nel 2013, ora la Commissione si prepara a un suo ulteriore rilancio che tenga conto dei profondi cambiamenti tecnologici e sociali avvenuti negli ultimi 5 anni e insieme contempli la normativa di riferimento sulla gestione dei dati come il così detto “Pacchetto dati 2018” e il Regolamento europeo per la protezione dei dati personali.

Il percorso di approvazione della revisione della Direttiva PSI prevede ora che il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea adottino formalmente le norme rivedute. Poi toccherà agli Stati membri recepirle entro due anni. A breve la Commissione inizierà la procedura, in collaborazione diretta con gli Stati membri, finalizzata all’individuazione dei dataset ad alto valore.

Nuove norme in materia di interoperabilità

Sprint anche sull’interoperabilità tra i sistemi di informazione Ue nel settore della giustizia e degli affari interni. La presidenza del Consiglio Ue e i rappresentanti del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo preliminare su due regolamenti ad hoc. Secondo il Consiglio, il nuovo sistema renderà “più facile la condivisione delle informazioni, migliorerà la sicurezza, consentirà controlli più efficaci alle frontiere esterne e contribuirà a prevenire e combattere l’immigrazione illegale”. L’accordo preliminare sarà ora presentato agli ambasciatori Ue per la conferma a nome del Consiglio.

“L’interoperabilità – si legge – permetterà ai sistemi di completarsi a vicenda, contribuendo alla lotta contro le frodi sull’indentità, e facilitando la corretta identificazione delle persone”. I regolamenti istituiscono: un portale di ricerca europeo, che consentirebbe alle autorità competenti di cercare contemporaneamente su più sistemi di informazione Ue, utilizzando i dati sia biografici e biometrici; un servizio di confronto biometrico comune, che consentirebbe la ricerca e il confronto dei dati biometrici (impronte digitali e immagini facciali) da diversi sistemi; un registro comune delle identità, che dovrebbe contenere i dati anagrafici e biometrici di cittadini di Paesi terzi disponibili nei diversi sistemi di informazione Ue; infine, un rivelatore di identità multiple, in grado di verificare se i dati biografici della ricerca esistono anche in altri sistemi coperti, per consentire l’individuazione di identità multiple collegate alla stessa serie di dati biometrici.

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