Sanità digitale: gli investimenti sforano il miliardo, ma si spendono appena 23 euro per abitante

Secondo i dati dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano le risorse stanziate nel 2014 sono aumentate del 17%, raggiungendo un livello che non si toccava dal 2010. Ma resta ancora limitata la spesa pro-capite per cartella clinica elettronica e servizi web agli utenti

Pubblicato il 12 Mag 2015

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Nel 2014 la spesa per la digitalizzazione della sanità italiana ha ripreso a crescere, mostrando un +17% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 1,37 miliardi di euro, un livello che non veniva toccato dal 2010, ma che risulta comunque limitato: è pari solo all’1,3% della spesa sanitaria pubblica, circa a 23 euro per ciascun abitante. L’incremento, dopo anni di ritardi e disattenzione, è da attribuire anche all’azione del Governo, Ministero della Salute e Agenzia per l’Italia Digitale che hanno compiuto notevoli sforzi per sviluppare un patto per la Sanità Digitale all’interno del più generale “Patto della Salute”.

I benefici dell’innovazione digitale in sanità sono evidenti e misurabili. Ad esempio, la completa diffusione della cartella clinica elettronica in Italia consentirebbe di razionalizzare le attività degli operatori sanitari e di annullare i costi di stampa e di gestione del cartaceo, consentendo di risparmiare fino a 1,6 miliardi di euro l’anno. Mentre un’offerta completa di servizi digitali agli utenti (come il download dei referti via web, la prenotazione online di esami/visite o degli accessi al centro prelievi, anche tramite app e totem self service) permetterebbe un risparmio fino a 350 milioni di euro all’anno alle strutture sanitarie, e ben 4,9 miliardi di euro l’anno ai cittadini, in termini di minor tempo per recarsi alle strutture e di attesa agli sportelli. Anche i servizi web per la distribuzione dei presidi di assistenza integrativa da parte delle farmacie territoriali permetterebbe di ottenere importanti benefici economici: per i soli prodotti per diabetici, è possibile un risparmio annuo fino a 100 milioni di euro all’anno se il servizio fosse esteso a tutte le Asl sul territorio nazionale.

La consapevolezza di questi benefici oggi è presente ai vari livelli, ma quando dai Piani e dai “Patti” si passa ad analizzare i fatti, in termini di azioni reali intraprese e di implementazioni avviate, il quadro si fa meno confortante. È arrivato il momento di mettere in pratica i diversi piani, spingendo tutti i decisori a collaborare per stabilire priorità di intervento concrete.

Sono i principali risultati della ricerca 2015 dell‘Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano. La ricerca è stata condotta su circa 160 attori tra Cio, Direttori generali, Direttori amministrativi, Direttori sanitari in rappresentanza di oltre 130 aziende sanitarie, referenti regionali e, grazie alla collaborazione con Doxapharma e Fimmg, 752 medici di medicina generale e 1.000 cittadini. Per meglio comprendere il sentiment dei cittadini verso la sanità digitale è stata anche sviluppata una Web Sentiment Analysis in collaborazione con Voices from the Blogs.

“L’Innovazione digitale rappresenta una leva imprescindibile per fermare quel processo di progressivo deterioramento che rischia di rendere qualitativamente inaccettabili ed economicamente insostenibili i servizi del nostro sistema socio-sanitario e il Governo sembra finalmente muoversi nella direzione auspicata per la Sanità Digitale” afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità. Il momento tuttavia resta critico: “nonostante la consapevolezza diffusa dell’importanza di un ripensamento “digitale” del sistema socio-sanitario, siamo di fronte al rischio di uno stallo istituzionale che rischia di impedire di passare dai patti ai fatti – continua Corso – occorre sostituire la tradizionale governance frammentata dell’innovazione digitale non con una centralizzata, bensì con un modello partecipato, in cui il governo centrale sia regolatore di alto livello, ed alle Regioni sia dato il compito di promuovere la crescita digitale e l’integrazione. L’istituzione da parte della Conferenza delle Regioni della Commissione speciale Agenda Digitale può dare un contributo in questa direzione.”

La spesa Ict è così ripartita tra i diversi attori del Sistema sanitario nazionale: 960 milioni di euro è la spesa sostenuta dalle strutture sanitarie (+ 20%), 325 milioni di euro sono spesi direttamente dalle Regioni (+10%), 68 milioni di euro dagli oltre 47.000 medici di medicina generale, in media 1.451 euro per medico (+13%), 20 milioni di euro dal ministero della Salute (+5%).

“Da un lato, questa accelerazione è dovuta alla necessità di aggiornare e mettere in sicurezza sistemi la cui manutenzione era stata trascurata negli ultimi anni – spiega Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio innovazione digitale in sanità-. Dall’altro, le Direzioni aziendali sono sempre più consapevoli della necessità improcrastinabile dell’innovazione digitale dei sistemi di cura: il 61% ritiene che le tecnologie digitali debbano supportare l’innovazione e il miglioramento dei processi dell’azienda e il 24% che possano abilitare nuovi modelli di cura e assistenza”.

La cartella clinica elettronica rappresenta l’ambito su cui le Aziende sanitarie italiane allocano la quota più rilevante di risorse economiche (58 milioni di euro), seguito dai sistemi di Disaster recovery e continuità operativa (40 milioni di euro). Su questi stessi ambiti il 40% dei Cio prevede un incremento degli investimenti nel 2015. Anche per i sistemi di gestione documentale e conservazione a norma, secondo il 50% dei Cio, ci sarà un aumento degli investimenti, in parte resi necessari dagli obblighi sulla fatturazione elettronica verso la PA.

Le incertezze “amministrative” che hanno segnato il lavoro del Ministero nella definizione del Decreto per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico non hanno fermato l’operatività delle Regioni italiane che a fine giugno 2014 hanno presentato i loro piani per la realizzazione del Fse. Molte stanno avviando percorsi che, in linea con quanto auspicato nel Patto per la Sanità Digitale, porteranno a un incremento degli investimenti regionali in innovazione digitale nei prossimi anni.

La ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità mostra una conferma da parte delle Regioni della volontà di proseguire con le azioni di digitalizzazione della Sanità, ma anche un generale sentimento di sfiducia sulla capacità del Governo di indirizzare efficacemente e concretamente dal centro lo sviluppo del Fascicolo.

Ad esempio, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Sardegna e Provincia Autonoma di Trento, che si erano mosse anzitempo, oggi dispongono già di piattaforme dedicate e accessibili ai cittadini, ma temono che inutili ingerenze centrali possano invalidare le azioni fatte. Altre Regioni – come Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Valle d’Aosta – stanno cercando di sfruttare al meglio le esperienze già presenti per lo sviluppo e rispettare la scadenza di giugno 2015 – che quasi certamente sarà procrastinata a dicembre 2015 – entro cui rendere disponibile il set minimo di servizi ai cittadini, ovvero i referti, i verbali di pronto soccorso, le lettere di dimissione e il profilo sanitario sintetico.

In parallelo, alcune Regioni si stanno muovendo sul tema dell’accessibilità e dell’interoperabilità del loro Fascicolo rispetto ai Medici di Medicina Generale e alle Aziende Sanitarie: la Provincia Autonoma di Trento, accanto a Lombardia ed Emilia Romagna, rappresenta una “best practice”, avendo già realizzato al 100% le componenti per l’accesso al suo FSE. Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, inoltre, hanno avviato un progetto sperimentale di interoperabilità a livello sovra-regionale: un progetto pilota che mira alla realizzazione dell’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità.

Ma quanto la priorità del Fascicolo Sanitario Elettronico coincide con le esigenze sentite dai cittadini? Molto poco. La ricerca, svolta dall’Osservatorio in collaborazione con Doxa su un panel di 1.000 cittadini, rivela una pesante carenza di comunicazione e sensibilizzazione, con il rischio di rendere inefficaci gli investimenti. L’83% della popolazione italiana infatti non ha mai sentito parlare di Fascicolo Sanitario Elettronico, l’88% non sa se è attivo nella propria Regione e il 95% non ha mai cercato informazioni a riguardo.

E di Fascicolo Sanitario Elettronico si parla poco anche sul web: secondo la rilevazione effettuata da Voices from the Blogs in collaborazione con l’Osservatorio su 400.000 commenti presenti sul web riguardanti l’eHealth solo l’11% riguarda il Fse, mentre in oltre la metà dei commenti si parla di servizi online e in un altro 26% di Telemedicina.

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