Animatori digitali, laboratori innovativi e formazione continua per i docenti. A un anno dal varo del Piano nazionale Scuola digitale (Pnsd), il sistema educativo italiano sta attraversando una fase di profondo cambiamento, non solo degli ambienti di apprendimento ma anche di relazione insegnante-studente. A farla da padrone le nuove tecnologie che devono abilitare la rivoluzione.
Grazie allo stanziamento di un miliardo di euro da parte del governo, sono 19 su 35 le azioni già partite, pari al 60% di attuazione del piano: il Miur ha investito 350 milioni di euro. Tra i progetti avviati, da segnalare la “fibra a banda larga per ogni scuola”, resa possibile dall’accordo Miur-Mise. Finora sono stati avviati interventi diretti in 700 comuni di Abruzzo, Lombardia, Sardegna, Toscana , Lazio, Calabria, Marche e Puglia. Per il cablaggio interno degli istituti (Lan-Wlan) sono stati stanziati finora 88 milioni.
Per gli ambienti digitali per la didattica sono sul piatto 138 milioni per finanziare 5938 scuole mentre per i laboratori territoriali sono stati selezionati 60 iniziative per un massimo di 750mila euro a progetto. 28 milioni sono stati destinati gli atelier creativi (finanziabili 1800 progetti).
“Tra le luci più brillanti il piano per la creazione dei laboratori territoriali che serve non tanto a creare scuole di eccellenza – spiega Carlo Giovannella, Università Roma Tor Vergata – ma, piuttosto, poli basati su reti che dovrebbero essere in grado di sostenere lo sviluppo territoriale e fornire occasione per lo svolgimento delle attività di alternanza scuola-lavoro”. Proprio per questo, avverte l’esperto, “c’è da augurarsche le economie ricavate dal bando, stimabili in qualche milione di euro, possano essere utilizzate per dare il via libera allo sviluppo di ulteriori laboratori”. Il rischio principale dell’operazione è da rintracciarsi nella limitata esperienza del personale scolastico nella gestione di progetti di tale portata.
“La scarsa familiarità con la progettazione, riscontrata nella fase di scrittura delle proposte – evidenzia Giovannella – potrebbe estendersi alla gestione dell’attuazione dei progetti e condurre al ridimensionamento degli obiettivi”.
Per evitare questo rischio è stato attivazione un piano formativo per tutto il personale della scuola che consentirà a al corpo docente e amministrativo di essere formato sulle competenze necessarie per guidare e gestire la trasformazione digitale.
Lo stanziamento totale per la formazione del personale è di più di 235 milioni di euro per un piano organizzato in tre fasi: partito a marzo del 2016 il programma terminerà con i moduli di approfondimento a giugno 2017. Finora è stata avviata la formazione per 157mila tra docenti, dirigenti e personale tecnico-amministrativo. Gli inseganti, nello specifico, sono 75mila.
Tra le novità più interessanti c’è certamente la figura dell’animatore digitale che, insieme a un team di innovazione, supporterà l’attuazione dl Pnsd. Finora ne sono stati nominati 8300 e per queste figure sono già partiti i corsi di formazione.
Ma proprio sulla formazione e sulla nomina dell’animatore digitale il piano trova il primo scoglio.
Non sempre, infatti, la designazione da parte dei dirigenti è stata fatta con chiarezza e trasparenza. In una serie di regioni– laddove non si sono effettuate scelte a livello di ufficio scolastico regionale – si è percepita infatti una bassa qualità della formazione erogata e pochi i formatori adeguati. Quello che si teme è che si perda per strada personale già di base poco motivata all’innovazione a causa dell’età.
Qualche peroccupazione la esprimono anche i sindacati. Per la Flc-Cgil , il Miur non si limita a dare indicazioni per formare il personale. “Dice ad esse anche quali figure individuare, di quante persone devono essere costituiti (tre docenti) i team per l’innovazione digitale e addirittura di costituire ‘presidi di pronto soccorso tecnico’ differenziati secondo che si tratti di una scuola del primo ciclo (1 Ata o docente) o del secondo ciclo (1 assistente tecnico) – fanno sapere dalla Flc – Siamo, con tutta evidenza, di fronte a un intervento centralistico e antiautonomistico. Siamo alle circolari di sempre che ti dicono cosa fare, come fare, che tempi seguire. Naturalmente non si contesta qui la necessità di seguire una tempistica legata alla necessità di una formazione”.
“Quel che si eccepisce è che gli assetti organizzativi e le figure da costituire sono prerogative delle autonomie scolastiche. E le necessità del Piano digitale non consentono affatto al Miur di espropriare le scuole di tali facoltà”, conclude il sindacato.
Ma il governo va vaanti spedito. “L’anno scolastico 2016-2017 sarà il banco di prova del piano”, fanno sapere a CorCom da Miur.
“La creazione a settembre di un Osservatorio sulla Scuola digitale darà una marcia in più al cammino del piano nazionale”, concludono da Viale Trastevere. Il progetto è atteso per l’autunno a poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico.