Il governo rilancia sul Piano scuola digitale. Secondo quanto risulta a CorCom, nella nuova bozza di manovra è prevista la creazione di task force per accelerare sul raggiungimento degli obiettivi.
Negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 potranno essere esonerati dall’insegnamento 120 docenti che andranno a formare appunto le “équipe territoriali formative”, per garantire la diffusione del strategia. Per le équipe vengono stanziati 1,44 milioni per il 2019, euro 3,60 milioni per il 2020 e 2,16 milioni per il 2021.
In un’intervista rilasciata all’Agi, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti aveva sottolineato l’intenzione di non smantellare, anzi, di accelerare sul Piano scuola digitale. “Il Piano Scuola Digitale è molto ambizioso. Gli investimenti sono partiti in questi anni – spiegava – Ma anche qui dobbiamo accelerare. Come per l’edilizia scolastica, dobbiamo passare dai ‘titoli’ ai fatti. Dobbiamo lavorare per scuole con connessioni più veloci e strumentazioni adeguate, ma anche scuole ‘smart’ dal punto di vista della metodologia didattica”.
Per quanto riguarda i primi risultati del Pnsd, un’indagine condotta dall’Osservatorio e-Government della School of Management del Politecnico di Milano e da Link Campus University con il supporto dell’Università degli Studi Roma Tre, ha rilevato che, nell’anno scolastico 2014/2015, il 70% delle classi italiane era connessa alla Rete ed il 58% utilizzava forme di comunicazione scuola-famiglia online. A marzo 2017 i risultati sono stati altrettanto entusiasmanti. Secondo i dati presentati, il 75% degli istituti ha digitalizzato in parte o completamente i processi primari. Internet è presente pressoché ovunque: il 55% ha una connessione internet Dsl, il 29% in fibra ottica, il 21% tramite operatore wireless fisso Wisp, solo il 6% va a 56Kbps. L’85% delle scuole dichiara di avere personale con competenze tecniche necessarie per l’utilizzo dei software, nonostante non manchino criticità nell’introduzione: in primo luogo la resistenza al cambiamento (40%) e la mancanza di competenze interne (40%), poi la mancanza di risorse economiche (34%) e, infine, la scarsa disponibilità d’infrastrutture tecnologiche (25%).