L’Europa, Italia compresa, è ancora attanagliata dal paradosso dell’eGovernment: ci sono tanti servizi online della pubblica amministrazione, ma poco usabili. E la quota di europei che li utilizzano è ancora inferiore alla metà, per di più senza che ci siano stati progressi nel 2013 rispetto all’anno precedente. E’ quanto si evince dall’undicesimo rapporto eGov della Commissione europea, a cura di Capgemini, con un sondaggio su 28mila cittadini Ue (qui lo spaccato italiano).
Consola sapere che l’Italia fa un po’ meglio della media europea (EU 28) e guadagna un punticino rispetto al 2012, per quota di utenti che usano i servizi eGov: 47% (contro il 46% del 2012, che èè ancora la media europea 2013).
Il 77% dei servizi della Pa italiana sono disponibili online, secondo lo studio (contro una media UE del 72%), ma la valutazione sull’usabilità è inferiore: 72% (la media UE è il 67%). Siti lenti, troppo complicati e farraginosi, insomma.
Il problema è acuito dal fatto che, secondo gli utenti intervistati, i servizi online commerciali funzionano molto meglio di quelli pubblici. Per esempio gli utenti sono assai più soddisfatti dei servizi offerti dalle banche (8,5 su 10) rispetto ai normali servizi pubblici (6,5 su 10). Nei servizi delle PA esiste anche una preoccupante relazione inversa tra interazione e soddisfazione: maggiore è l’interazione richiesta con l’ufficio pubblico, minore la soddisfazione. E quindi l’utilizzo.
“Anche la limitata collaborazione tra i vari enti pubblici costituisce un ostacolo all’erogazione trasparente di servizi online completi, impedendo alle PA e ai cittadini di godere dei vantaggi della digitalizzazione dei servizi pubblici. Finché i diversi uffici non collaboreranno tra loro, sempre più denaro verrà speso per lo sviluppo delle medesime soluzioni senza che queste siano interoperabili e che le informazioni possano essere facilmente scambiate tra gli enti”, si legge nella nota di Capgemini che accompagna il rapporto.
Il riuso delle eccellenze dovrebbe essere una regola, per diffondere servizi eGov di qualità, ma a quanto pare è disattesa in Europa. “Sapere che i governi stanno lavorando per rendere più user-friendly i servizi pubblici online, è una buona notizia”, dice Neelie Kroes, vice presidente della Commissione europea e responsabile dell’Agenda digitale europea. “Tuttavia non riusciamo ancora ad attirare e a coinvolgere i cittadini online con le Pubbliche Amministrazioni così come invece fanno con la propria banca o con altri fornitori di servizi digitali. I cittadini europei e le aziende vivono e ragionano in modo digitale. Ora è arrivato il momento che anche i governi si digitalizzino e siano più trasparenti nella fornitura di servizi e questo può essere raggiunto rendendo trasparenti i propri dati, i propri processi e i propri servizi. Non bisogna esitare, i governi possono fornire servizi migliori a costi inferiori, creando posti di lavoro e possibilità di crescita, incrementando la responsabilità e la fiducia”.
“Ora che sono attivi sempre più servizi, le PA europee dovrebbero pensare a innovare per razionalizzare la comunicazione con i cittadini in modo da aumentarne la soddisfazione e colmare il gap delle aspettative”, ha commentato Maurizio Mondani, amministratore delegato di Capgemini Italia. “Il settore pubblico potrebbe innovare ulteriormente modellando elementi della centralità dell’utente presi dal settore privato. Tuttavia questo deve essere bilanciato da una maggior trasparenza circa l’uso che viene fatto dei dati dei cittadini, e con una collaborazione più efficace tra i vari enti”, ha aggiunto.
I QUATTRO ELEMENTI DELLO STUDIO
Più in particolare, il focus dello studio di quest’anno è stato il benchmark di quattro elementi base e il modo in cui l’Europa deve trasformarsi digitalmente per prevedere nuovi modelli di delivery, promuovere l’innovazione e far leva su questi servizi, e sulle aziende che li forniscono a livello globale, per ottenere valore locale e vantaggi economici internazionali. Con il piano d’azione di eGov che si concluderà nel 2015, ci sono molte aree in cui l’Europa deve adattarsi per raggiungere gli obiettivi stabiliti. I principali risultati del report evidenziano progressi e carenze in queste 4 aree:
1) Centralità dell’utente – L’indicatore dell’usabilità online misura la qualità dell’esperienza utente valutando usabilità (supporto, assistenza, funzioni di feedback), facilità d’uso e velocità d’uso. Sebbene le caratteristiche di usabilità siano ampiamente presenti sui siti web delle PA (78%), questo nasconde il fatto che l’esperienza utente sperimentata dai clienti risulta meno favorevole: la valutazione di facilità e velocità d’uso risulta inferiore di 20 punti percentuali (al 58%).
2) Trasparenza – La trasparenza si riferisce agli elementi di erogazione dei servizi nei quali ogni utente necessita di informazioni cruciali nel rapporto con la PA: dal confermare la ricezione di una richiesta al comunicare il punto in cui tale richiesta si trova lungo il suo iter. Qui il benchmark è solo al 48%, soprattutto a causa dell’insufficienza delle informazioni fornite agli utenti durante l’erogazione di servizi di eGovernment: il livello di trasparenza è leggermente superiore per le informazioni istituzionali relative alle PA e ai dati personali correlati ai servizi. Tuttavia c’è ancora molta strada da fare se le PA vogliono disporre di servizi e organizzazioni totalmente aperte e trasparenti.
3) Mobilità transfrontaliera – La mobilità di aziende e cittadini implica servizi trasparenti privi di procedure difficoltose nel passaggio da uno Stato membro all’altro. Anche la mobilità transfrontaliera è decisamente bassa con un valore del 49%: la gamma di servizi offerti a supporto della mobilità dei cittadini all’interno dell’Unione è molto limitata, specialmente per quanto riguarda i servizi transazionali. Ciò è provato dall’ampio divario esistente tra la disponibilità online di servizi interni e quella di servizi internazionali (il 30%), a indicare che la maggior parte dei Paesi non considera ancora i servizi online transfrontalieri come un investimento che valga la pena compiere.
4) Fattori abilitanti – I fattori abilitanti e gli approcci tecnici innovativi (Cloud, IPv6, SOA, big data, mobile e social media) sono essenziali per sfruttare appieno le potenzialità dell’ICT, per “fare di più con meno”. Il benchmark in quest’ambito è al 49%, ma il livello di implementazione dei 5 tool tecnologici valutati, varia considerevolmente, dal 35% per l’eSafe al 62% per la Carta d’Identità elettronica (eID). I fattori abilitanti sono stati misurati in connessione con l’erogazione dei servizi. Anche quello più diffusamente implementato tra essi, eID, è ancora lontano dalla completa diffusione.