INNOVAZIONE

Spid su misura di cliente: Intesa spinge sulla business of experience

La società del Gruppo Ibm ottiene la certificazione come service provider. Panfilo: “Ulteriore passo verso la valorizzazione del modello di identità digitale”

Pubblicato il 28 Giu 2021

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In due anni, dal 2019 al 2021, Spid è stato protagonista di un incremento verticale pari al 425%. Lo sprint è arrivato da tutta una serie di servizi – il Cashback, ad esempio, è stato un incredibile volano – che hanno portato un numero sempre maggiore di cittadini ad attivare l’identità digitale.

Nonostante la diffusione, però, lo strumento è ancora poco utilizzato, come evidenziato anche dalla ricerca dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano, secondo cui il gap tra attivazione ed effettivo utilizzo dipende dalla scarsità di servizi accessibili, sia in ambito pubblico sia in ambito privato, e dalle poche risorse stanziate dalla PA per rendere le prestazioni online accessibili tramite Spid.

La svolta, sul fronte dei servizi, potrebbe arrivare da alcune recenti disposizioni, soprattutto nel settore privato.

La prima apertura alla possibilità di usare Spid in ambito privato per il riconoscimento dei clienti, e in particolare in ambito bancario, finanziario e assicurativo, è arrivata con il “Decreto Semplificazioni”, il d.l. 16 luglio 2020, n. 76 recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale.

Nell’articolo 27, infatti, viene soppresso l’obbligo di acquisizione del documento identificativo del cliente: l’identificazione della clientela potrà considerarsi assolta anche attraverso lo Spid.

Il piano della UE sull’identità digitale

Intanto la Commissione Ue ha proposto un quadro relativo a un’identità digitale europea che sarà disponibile per tutti i cittadini, i residenti e le imprese dell’Unione.

I cittadini potranno dimostrare la propria identità e condividere documenti elettronici dai loro portafogli europei di identità digitale semplicemente premendo un tasto sul telefono. Potranno accedere ai servizi online con la loro identificazione digitale nazionale, che sarà riconosciuta in tutta Europa. Le piattaforme saranno tenute ad accettare l’utilizzo dei portafogli europei di identità digitale su richiesta dell’utente, ad esempio per dimostrarne l’età. L’utilizzo del portafoglio europeo di identità digitale sarà sempre a discrezione dell’utente.

In virtù del nuovo regolamento, gli Stati membri offriranno ai cittadini e alle imprese portafogli digitali in grado di collegare le loro identità digitali nazionali con la prova di altri attributi personali (ad esempio patente di guida, diplomi, conto bancario). Purché siano riconosciuti da uno Stato membro, tali portafogli potranno essere forniti da autorità pubbliche o da soggetti privati.

“Con l’identità digitale europea potremo fare in qualsiasi Stato membro quello che facciamo nel nostro Paese senza costi aggiuntivi e con minori ostacoli, ad esempio affittare un appartamento o aprire un conto bancario all’estero, e tutto questo in modo sicuro e trasparente – ha spiegato la commissaria al Digitale Margrethe Vestager nel presentare il piano – Così saremo noi a decidere quante informazioni desideriamo condividere su noi stessi, con chi e per quale finalità. Si tratta di un’opportunità unica che ci permetterà di sperimentare ancora di più che cosa significhi vivere in Europa ed essere europei”.

La strategia di Intesa

In questo quadro di interessante evoluzione si inserisce la strategia di Intesa, la società del Gruppo IBM, che da oltre 30 anni supporta i clienti nella trasformazione digitale dei processi aziendali. Di recente l’azienda, già accreditata come identity provider, ha ottenuto l’accreditamento AgID anche come service provider e può, oltre a rilasciare le identità Spid, anche erogare a 21 milioni di utenti i propri servizi mediante processi di identificazione basati sull’identità digitale.

“I service provider sono quei soggetti che possono erogare i propri servizi a tutti coloro che sono in possesso di un’identità digitale Spid – spiega Matteo Panfilo, Chief Solution Officer di Intesa – Essere service provider significa poter semplificare significativamente i processi di identificazione per proprie finalità quali, come nel nostro caso, rilasciare servizi fiduciari, utilizzando l’identificazione già precedentemente svolta dagli Identity Provider. Un esempio è quello del rilascio dei certificati di firma qualificata, che sono peraltro processi atti all’identificazione del cliente e alla verifica della sua identità, in qualità di fonte affidabile e indipendente”.

Per Intesa la certificazione di service provider significa aggiungere ulteriore valore alla customer experience delle soluzioni: potendo contare su una massa critica di identità digitali attive, infatti, l’azienda potrà creare procedure di riconoscimento e onboarding snelle e a norma, integrando informazioni valide per il riconoscimento certo dell’utente, quindi anche a fini di Know Your Customer.

Oggi i concetti di “customer experience” e di “relazione a distanza” hanno assunto una nuova rilevanza e diffusione. L’accreditamento a service provider è un ulteriore passo verso la valorizzazione del modello Spid. Arricchire i dati condivisi tramite Spid, integrarli con informazioni aggiuntive e diffondere una maggiore consapevolezza dell’utilità di questi sistemi è la prima strada da percorrere per potenziare l’identità digitale in Italia e a livello europeo.

“Le soluzioni Intesa potranno coprire più use case ed essere progettate ‘su misura’ dei clienti – sottolinea Panfilo – integrando la semplicità di Spid in procedure di riconoscimento complete, a norma e in grado di recuperare tutte le informazioni utili al riconoscimento forte dell’utente all’interno di una stessa procedura”.

Il riconoscimento con Spid, se però offre enormi potenzialità e vantaggi in termini di customer experience, non viene ancora sempre ritenuto aderente, per esempio, ad un tipico processo di KYC o un onboarding completo dove spesso è ancora richiesto l’invio di ulteriori informazioni o documenti aggiuntivi a quelli forniti da SPID.

“Per questo per costruire una procedura di riconoscimento con una buona customer experience – conclude Panfilo – è importante riuscire a mappare quali sono le informazioni che bisogna effettivamente raccogliere dal cliente, anche alla luce delle citate semplificazioni normative. E’ fondamentale valutare da subito l’esperienza che si vuole offrire all’utente e gli eventuali step necessari nell’onboarding: l’acquisizione di ulteriore documentazione, l’acquisizione di ulteriori dati ritenuti necessari, l’analisi biometrica del volto in caso di identificazione rafforzata con video-selfie, la necessità di rendere omogenei più canali di acquisizione. Trovare il giusto equilibrio per migliorare la Customer Experience anche alla luce dei processi esistenti e reticenze del passato è il primo passo da cui partire”.

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Una strategia che Intesa sta mettendo in pratica con successo che darà un importante contributo alla digitalizzazione e modernizzazione del sistema Paese.

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