Prescrizioni mediche online e certificati di malattia inviati via
Web. Sono i due capisaldi della rivoluzione digitale promessa dal
governo nel comparto sanitario. Ma se per i certificati medici il
ministro Brunetta è riuscito a mantenere gli impegni – dal 15
dicembre è iniziata la sperimentazione di due mesi che coinvolge i
dipendenti della PA – più difficile è la strada verso la
digitalizzazione e l’invio telematico a farmacie e strutture
sanitarie delle prescrizioni online.
Normate dal disegno di legge “Disposizioni in materia di
semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con
cittadini e imprese e delega al governo per l’emanazione della
carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche” approvato dal
governo e in procinto di passare alle Camere, le ricette digitali
stanno incontrando forti resistenze da parte dei medici di base che
di quegli strumenti dovrebbero fare largo uso. Il motivo? Tutto
economico.
“I medici di famiglia sono assolutamente d’accordo con le
regole del ddl – sottolinea Fiorenzo Corti, responsabile delle
Comunicazione della Fimmg (Federazione dei medici di medicina
generale) -. Sappiamo che l’invio telematico, così come le
prescrizioni digitali, apporteranno grandi benefici al sistema
sanitario sia in termini di efficienza sia in termini di risparmio.
A destare preoccupazione nelle categoria è più che altro il dato
economico. Nel disegno di legge non sono previste dotazioni
finanziarie di alcun tipo”. I medici di famiglia chiedono risorse
per acquistare i software e per implementare le infrastrutture di
rete. “Le reti devono essere più che sicure dato che trasportano
informazioni sensibili come quelle sanitarie”, chiosa Corti.
L’altro problema messo sul piatto dalla Fimmg riguarda la
formazione del personale amministrativo. “Oggi la maggior parte
dei medici ha dei collaboratori che si occupano dell’
amministrazione – spiega Corti -. Personale che deve essere fornato
per gestire le nuove piattaforme. Anche questo è un aspetto che il
ministero non ha preso in considerazione e, anche in questo caso,
nel ddl non ci sono fondi ad hoc”. Tradotto: la quota capitaria –
quella che lo Stato paga ai medici di base per ogni paziente – non
è sufficiente a coprire le spese di aggiornamento tecnologico,
servono altri soldi.
Soldi che, però, Brunetta e suoi collaboratori non sono disposti a
concedere perché la riforma deve essere a costo zero per le casse
dello Stato che dovrebbero, invece, solo incassare (circa 2 mld di
euro).
“Non sono stati previsti fondi e nemmeno lo saranno semplicemente
perché non servono: la Ragioneria dello Stato ha dato l’ok al
ddl, sancendone la quadratura finanziaria – fanno sapere al
Corriere delle Comunicazioni da Palazzo Vidoni -. Qui la questione
è un’altra e riguarda la dotazione informatica. Quello che
prevediamo di fare per agevolare la transizione al digitale sarà
dotare i medici dei software necessari a titolo gratuito, magari
facendole scaricare dalla Rete, oppure chiedendo alle Regioni, che
sono titolari della Sanità, di mettere a disposizione piattaforme
ad hoc”.
Un vero e proprio braccio di ferro, quello tra medici e ministero,
che anticipa quello che potrebbe verificarsi nelle aule
parlamentari. Nei prossimi mesi è prevista l’approvazione del
ddl con eventuali modifiche: quello che temono al ministero è che
il provvedimento venga sommerso da una caterva di emendamenti che
rallentino la roadmap prevista nel provvendimento che stabilisce il
passaggio al digitale del 50% delle ricette già a fine 2010 per
arrivare all’80% del 2011 e al 100% del 2012.