L’Umbria è in pole position nella telemedicina. In 8 mesi sono stati raccolti 14mila dati clinici in remoto. Un processo che a regime potrebbe portare risparmi fino a 400 milioni di euro. In Italia quasi 7 aziende sanitarie su 10 hanno implementato progetti di telemedicina, ma sono ancora molti quelli che rimangono al palo, non superando mai la fase sperimentale. E 9 su 10 sono stati introdotti solo negli ultimi due anni.
Per fornire un contributo all’attuale dibattito sull’innovazione tecnologica e il suo impiego in sanità Federsanità Anci e Sics (Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria), grazie al contributo incondizionato di Vree Health, hanno promosso un progetto per fotografare lo stato dell’arte della telemedicina in Italia, analizzarne le criticità e individuare nuovi modelli organizzativi che ne favoriscano l’introduzione e l’applicazione. Un sistema efficiente di telemedicina potrebbe favorire i pazienti anziani, che vivono in zone remote o poco collegate. Un cardiopatico potrebbe collegarsi ad un semplice dispositivo domestico per l’Ecg e trasmettere al cardiologo i risultati dei suoi esami. Una donna con multi patologia che vive sola potrebbe invece essere monitorata da un centro servizi con personale addestrato per verificare che assuma i farmaci necessari e magari rilevare la sua posizione nel caso si smarrisca.
“La mia struttura – ha dichiarato il Giuseppe Fatati, Direttore della S.C. di diabetologia, dietologia e nutrizione clinica dell’AO Santa Maria di Terni – sta portando avanti un progetto di gestione da remoto di pazienti complessi, prevalentemente oncologici, affetti da diabete. Si tratta della prima esperienza italiana su pazienti complessi, in particolare oncologici trattati con steroidei. La riduzione di accessi al PS e di ricovero è stata notevolissima ed abbiamo riscontrato un notevole miglioramento della qualità della vita del paziente. Per trasformare la sperimentazione in sistema c’è bisogno di ulteriori risorse e di personale che abbia una formazione adeguata”.
L’azienda ospedaliera Santa Maria di Terni è stata la prima azienda in Umbria ad aver avviato un progetto di telemedicina, condotto da Fatati sui pazienti complessi affetti da diabete: “I risultati sono stati importanti, soprattutto sul piano della qualità della vita dei pazienti e della riduzione dei ricoveri” sottolinea Andrea Casciari, Direttore Generale AO Santa Maria di Terni “I costi in sanità stanno crescendo e bisogna certamente pensare a nuovi modelli organizzativi, soprattutto per patologie, come il diabete, che hanno ricadute sociali rilevanti. Da questo punto di vista, ritengo che la maggior parte delle AO e Asl abbiano già da tempo scelto l’innovazione come prassi quotidiana, confrontandosi tutti i giorni con le problematiche e individuando le strade migliori per risolverle, approntando gli opportuni strumenti di verifica”.
Il gruppo di lavoro ha curato l’indagine dal titolo ‘Lo stato dei sistemi di telesalute in Italia’ che ha coinvolto 238 direttori sanitari di Asl e aziende ospedaliere che hanno convenuto come le aree dove la telemedicina potrebbe assicurare una migliore qualità dell’assistenza sono i servizi di diagnosi e cura, la prevenzione secondaria, la riorganizzazione della diagnostica di laboratorio e per immagini ma anche il follow up dei pazienti cronici e la continuità tra ospedale e territorio portando servizi e medici a casa del soggetto malato.
L’indagine ha cercato anche di comprendere gli ostacoli alla diffusione dell’assistenza sanitaria in remoto, parte la percezione delle aree ideali di applicazione con questi risultati: 4 dirigenti sanitari su 5 ritengono che servizi di diagnosi e cura e prevenzione secondaria siano le aree di migliore applicazione di queste tecniche che possono prevedere il monitoraggio dei parametri clinici e dell’adesione alla terapia, lo scambio di informazioni e esami, la migliore gestione della patologia e un più efficace follow up. Anche il contatto con il medico risulta facilitato da comunicazioni che viaggiano tramite telefono, email, sms o chat a seconda delle necessità.
Per 4 intervistati su 10 inoltre i sistemi di telemedicina potrebbero essere un volano per migliorare comunicazione e dialogo tra i vari attori coinvolti nella cura che nel caso delle patologie croniche vede il termine ‘multidisciplinarietà’ come un vero e proprio mantra. Non a caso nei progetti esistenti sono coinvolti specialisti (40%), tecnici di diagnostica (25%), medici di medicina generale (15%), infermieri e ostetriche (15%). Ma soprattutto per tre su 10 questi strumenti facilitano l’integrazione tra ospedale e territorio. Mentre 4 su 5 sono d’accordo sui vantaggi per gli assistiti in termini di continuità delle cure, riduzione dei tempi di ricovero, gestione più snella dei percorsi di cura ma solo il 5% vede nella telemedicina una soluzione per migliorare l’accesso alle cure, infine 9 progetti su 10 prevedono che la e-Health raggiunga il paziente a casa sua. L’indagine ha avuto come evoluzione la realizzazione di un Vademecum che sarà discusso e implementato delle singole realtà locali durante una serie di Workshop regionali.