IL PARERE

Trasparenza PA, Garante Privacy: “Rischi per la dignità delle persone, prevalga la riservatezza”

Sì condizionato allo schema di decreto legislativo. L’autorità chiede di definire in maniera più puntuale gli obblighi dell’amministrazione e le regole per dare maggiori garanzie ai cittadini

Pubblicato il 11 Mar 2016

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Sì condizionato del Garante privacy sullo schema di decreto legislativo sulla trasparenza nella PA. Il Garante chiede infatti maggiori tutele per i cittadini.

Razionalizzare e rimodulare gli obblighi di pubblicazione. Nel parere, l’Autorità ritiene necessario sviluppare alcuni criteri di delega non adeguatamente articolati, proponendo di razionalizzare e rimodulare gli obblighi di pubblicazione in funzione di tre criteri essenziali: grado di esposizione dei singoli titolari di funzioni pubbliche al rischio corruttivo, funzionalità del dato da pubblicare rispetto alla effettiva necessità di conoscenza da parte dei cittadini e bilanciamento delle esigenze di trasparenza con il diritto alla protezione dei dati.

Il tema dell’applicazione delle disposizioni sulla trasparenza da parte della PA è, infatti, particolarmente complesso e necessita di un approccio equilibrato per evitare che i diritti fondamentali alla riservatezza e alla protezione dei dati possano essere gravemente pregiudicati da una diffusione, non adeguatamente regolamentata, di documenti che riportino delicate informazioni personali. Occorre quindi tenere in considerazione i rischi per la vita privata e per la dignità delle persone interessate che possono derivare da obblighi di pubblicazione sul web di dati personali non sempre indispensabili a fini di trasparenza. Rischi che emergono ancora di più in considerazione della delicatezza di alcune informazioni e della loro facile reperibilità grazie ai motori di ricerca.

Definizione più puntuale degli obblighi di trasparenza. L’Autorità ha anche chiesto di precisare meglio l’estensione degli obblighi di trasparenza, definendoli in maniera puntuale e non con un generico ed indeterminato rinvio alla “normativa vigente”. A parere del Garante è irragionevole estendere automaticamente gli obblighi di trasparenza (come il mantenimento sul web per cinque anni, l’obbligo di indicizzazione, la vigilanza dell’Anac) e le relative sanzioni a tutti i dati, documenti, e informazioni resi pubblici sulla base di obblighi giuridici regolati da specifiche norme di settore, aventi spesso finalità notevolmente diverse (si pensi, ad esempio, alle pubblicazioni matrimoniali).

Un regolamento per evitare disparità di trattamento nell’accesso civico. Alcune modifiche sono poi suggerite rispetto alla disciplina dell’accesso modellata sull’esempio del Foia (Freedom of Information Act) anglosassone che, salvo alcune eccezioni, sancisce il diritto di chiunque di accedere a dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche senza motivazione. In questo contesto, laddove si richieda di accedere a dati personali, il Garante propone di accogliere l’istanza solo se funzionale a un interesse ritenuto prevalente rispetto al diritto alla riservatezza, ovvero oscurando i dati personali presenti. Si propone anche di escludere l’accesso a dati sensibili, giudiziari o di minori, in ragione della tutela rafforzata che l’ordinamento riconosce a tali dati. Si suggerisce poi di demandare a un regolamento attuativo l’individuazione, nel dettaglio, delle categorie di dati e documenti suscettibili di accesso e dei casi di rigetto dell’istanza a fini di tutela delle persone interessate. Questo per evitare, in assenza di parametri certi, interpretazioni difformi da parte delle singole amministrazioni, tali da poter determinare un diverso grado di tutela della riservatezza e un’ ingiustificata disparità di trattamento per i cittadini.

In assenza delle modifiche richieste – secondo l’Autorità – c’è il rischio di errate interpretazioni da parte delle diverse amministrazioni, suscettibili di comportare conseguenze paradossali. Si pensi all’accoglimento di una richiesta di accesso alla lista nominativa dei bambini iscritti a una scuola, corredata dagli ulteriori dati di cui questa dispone (dal domicilio alla composizione o allo stato reddituale della famiglia, a eventuali disabilità). O si consideri un’istanza di accesso all’anagrafe tributaria, ove confluiscono, tra gli altri, tutti i dati relativi a saldi, movimenti e giacenza media dei conti correnti dei cittadini. Per non pensare all’ostensione, a chiunque ne faccia richiesta, di informazioni sulla salute o la vita sessuale dei singoli, detenuti da strutture ospedaliere e di cura.

Proporzionalità negli obblighi di pubblicità per gli incarichi pubblici. L’Autorità suggerisce, infine, di disciplinare con criteri di maggiore proporzionalità gli obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali per il personale pubblico (e i relativi coniugi e parenti entro il secondo grado), modulando gli obblighi di trasparenza a seconda del ruolo e della carica ricoperta. Lo scopo è quello di evitare che – con la prevista estensione ai dirigenti degli obblighi stabiliti per i titolari di incarichi politici – si determinino ingerenze eccessive nella vita privata di un ambito vastissimo di dipendenti pubblici (sarebbero oltre 140 mila i dirigenti tenuti alla pubblicazione della situazione patrimoniale, senza contare coniugi e parenti fino al secondo grado).

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