L’ultimo Tripwire ha ispirato i commenti d’un paio di lettori.
La PA “dipendente-centrica”, addita il primo, coi diritti ai
dipendenti e i doveri sul cittadino, reca una peculiare ostilità
alla comunicazione real time. Vero. Occorre ripetere tuttavia che,
non i “fannulloni” esecrati da Renato Brunetta, ma i dirigenti
sono causa di ritardi, scarsa trasparenza e carenza di e-work,
cortina dell’incapacità organizzativa, quando non degli
illeciti.
Ciò è confermato dal secondo commento, sulle relazioni
cittadino-giustizia. Un dirigente di cancelleria, impiegato al di
sopra delle sue capacità, rifiuta di ricevere un atto per fax o
per posta certificata. Non c’è giustificazione per tale
ostruzionismo, le cui conseguenze, ben prima dei tempi del
processo, della incertezza della pena, delle intercettazioni, ben
prima della malagiustizia, ricadono sul cittadino.
Urge un codice deontologico che tenda a distinguersi con una
forzatura costituzionale, nel quale s’enunci l’obbligo della
massima trasparenza degli atti e della comunicazione online con
l’utenza. Se una PA è carente nella comunicazione real time, le
conseguenze devono esserle ascritte con riparazioni immediate e
risarcitorie per il cittadino.
Il secondo principio è una revisione della normativa sui dati
privati: nome, cognome, compito, stipendio, struttura
organizzativa, obiettivi conseguiti e falliti, e la documentazione
deve essere online: chi fa cosa, la sua e-mail, negli ospedali, nei
municipi, nei tribunali, nel parlamento, dappertutto nella PA. Ci
sono già gli Urp? Ormai sono solo una cortina un po’ meno grezza
dell’usciere che t’apostrofava:”Dicaaa!”.