È un percorso ad ostacoli quello verso la digitalizzazione dei
certificati di malattia. Dopo la questione (ancora aperta) del
digital divide – secondo un rapporto Fimmg il 35% dei medici di
famiglia è privo dell’Adsl – a sbarrare la strada all’invio
telematico è ancora una volta un problema tecnologico.
I medici di base sono in fermento per la questione dei software di
elaborazione dei certificati che non sarebbero ancora in grado di
dialogare con il Sac (Sistema centrale di accoglienza), la
piattaforma, gestita dall’Inps e sviluppata da Sogei, che
raccoglie la documentazione digitale. Il motivo? Manca la patch per
rendere interoperabili i sistemi.
“I medici sono quasi tutti già dotati di un software per fare il
certificato: è lo stesso che utilizziamo oggi per fare ricette e
altri documenti che poi stampiamo e consegniamo al paziente –
puntualizza Maria Paola Volponi, medico di
famiglia e rappresentante dello Smi -. A mancare, però è il
software aggiuntivo che permetterebbe la trasmissione al Sac. Le
aziende sviluppatrici sono ancora al lavoro per rendere i loro
sistemi interoperabili”. A preoccupare i professionisti è anche
il lato economico dell’iniziativa: per avere il software
aggiuntivo i medici dovrebbero versare una quota aggiuntiva alle
aziende, alle quali già pagano l’abbonamento per il sistema di
base. “Le aziende rischiano di strozzarci”, lancia l’allarme
Giacomo Milillo, segretario nazionale Fimmg: oggi
un medico paga , in media, 200 euro una tantum per la licenza del
software “semplice” e poi un abbonamento annuale per i servizi
di assistenza e aggiornamento di oltre 300 euro.
“È vero che non sappiamo nulla sul prezzo che le software house
applicherebbero alla patch – puntualizza Fiorenzo
Corti, responsabile Comunicazione Fimmg -. Ma il costo
varierà da azienda ad azienda in maniera inversamente
proporzionale al numero di clienti: se una società ha molti
clienti la patch costerà di meno, se ne ha pochi sarà più esosa.
È la legge del mercato che, però, dovrebbero essere meno rigida
quando si tratta della salute dei cittadini”.
In questo senso un’idea di quanto potrebbe costare il software
aggiuntivo per l’invio dei certificati la dà la piattaforma
della Profim, uno dei più grandi sviluppatori di sistemi per i
medici di base che serve circa 8mila utenti in tutta Italia. La
Profim ha predisposto la patch interoperabile per la sua
piattaforma Profim2000, destinata ai professionisti lombardi che,
grazie un progetto indipendente messo in campo dalla Regione
Lombardia, possono già trasmettere via Web i certificati,
connettendosi al Sar (Sistema regionale di accoglienza): la licenza
d’uso aggiuntiva costa circa 300 euro e l’abbonamento annuale
altrettanti.
E poi c’è la questione dei tempi. “Non è detto che le
aziende, che in Italia sono moltissime (nella sola Lombardia ne
operano 30 ndr) predispongano all’unisono la patch – precisa
ancora Corti -. In quel caso, che si fa? Qualcuno parte con
l’invio telematico e qualcuno no? Non è auspicabile per nessuno,
in primis per i cittadini. Ecco perché la Fimmg ha intenzione di
continuare a dialogare con il ministero della PA e Innovazione per
trovare una soluzione al problema: sia essa la dilazione della fase
di collaudo (che termina il 19 luglio) sia essa la definizione di
una nuova data di avvio (prevista per agosto).
Il ministero, dal canto suo, non sembra essere molto preoccupato
per lo slittamento dell’iniziativa. Per Paolo
Donzelli, direttore dell’Ufficio Studi e Progetti per
l’innovazione digitale, il collaudo sta dando i suoi frutti.
“D’altronde – ricorda – la fase di collaudo era stata decisa
proprio per fare emergere eventuali problemi e rimuovere gli
ostacoli. Ora con la collaborazione dei medici decideremo il da
farsi”. E nel frattempo? “Non nego che la mancanza di patch per
l’interoperabilità tra sistemi dei professionisti è un problema
– ammette Donzelli -. Ma è anche vero che il Sac mette a
disposizione una pagina Web a cui connettersi per compilare il
certificato di malattia, in attesa che i software siano
aggiornati”. Peccato che per utilizzare la pagina serve un Pin di
accesso che le Regioni stanno ancora distribuendo alle Asl che, a
loro volta, distribuiranno ai medici di famiglia. Stando così le
cose lo slittamento per l’avvio dei web-certificati sembra sempre
più probabile.