Cambridge Analytica ha aperto la preocedura fallimentare volontaria (Chapter 7) negli Stati Uniti, depositando la richiesta e i documenti necessari giovedì sera presso un tribunale di New York. La società di marketing politico basato sui Big data al centro dello scandalo che ha travolto Facebook ha dichiarato di avere asset per un valore compreso tra 100.001 e 500.000 dollari e debiti nella fascia 1-10 milioni, riporta Reuters.
Cambridge Analytica e la capogruppo britannica SCL Elections avevano già indicato a inizio mese che avrebbero chiuso i battenti travolte dal datagate: hanno sempre negato ogni violazione della legge ma hanno sottolineato che le ricadute di immagine sono state fatali, con una fuga in massa dei clienti, e annunciato le procedure di insolvenza negli Usa e nel Regno Unito.
Solo due giorni fa il dipartimento di giustizia americano e l’Fbi hanno aperto un’indagine su Cambridge Analytica per ricostruire le operazioni finanziarie condotte dalla società e le modalità di acquisizione e utilizzo dei dati estratti da Facebook e da altre fonti. Gli investigatori hanno interrogato diversi ex dipendenti di Cambridge Analytica e i rappresentanti delle banche legate al business dell’azienda; l’ex analista Christopher Wylie, l’autore della soffiata che ha portato alla luce il datagate, ha confermato al Nyt di essere stato interrogato dall’Fbi e dal dipartimento di Giustizia. Nell’ambito dell’indagine è stata contattata anche Facebook.
Cambridge Analytica è stata fondata nel 2013 con un focus preciso sulle elezioni politiche americane e ha lavorato anche per la campagna elettorale di Donald Trump. Il finanziamento iniziale di 15 milioni di dollari è stato fornito dal Repubblicano (e miliardario) Robert Mercere e da Steve Bannon, divenuto successivamente consulente della Casa Bianca (ha lasciato il ruolo ad agosto del 2017).
Cambridge Analytica avrebbe raccolto tramite una app su Facebook le informazioni personali di ben 87 milioni di utenti di Facebook utili a creare profili dei cittadini con diritto di voto per scopi politici senza aver ottenuto alcun consenso a questa attività. Come noto, lo scandalo ha travolto anche Facebook, il cui Ceo Mark Zuckerberg ha dovuto presentarsi al Congresso Usa a fornire spiegazioni. Il pressing continua: il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha reso noto che Zuckerberg ha accolto la richiesta di recarsi a Bruxelles per chiarire le questioni legate all’uso dei dati personali da parte di Facebook .
L’incontro con i Presidenti dei gruppi politici del Parlamento e il Presidente e il Relatore della Commissione per le Libertà civili, giustizia e affari interni (Libe) “avverrà quanto prima, possibilmente già la settimana prossima”, ha annuciato Tajani. “I nostri cittadini meritano una completa e dettagliata spiegazione. Apprezzo che Mark Zuckerberg abbia deciso di presentarsi di persona davanti ai rappresentanti di 500 milioni di europei. È un passo nella giusta direzione per ristabilire la fiducia”.