Non ci siamo. Nonostante le dichiarazioni d’intenti e i “mea culpa”, Facebook non riesce a dare un taglio netto al cordone ombelicale che lo lega alla fonte di tutti i suoi guai: Cambridge Analytica. Malgrado abbia chiuso i battenti la società che gestisce big data è tuttora nel mirino delle autorità di controllo. Sia perché non ha davvero cancellato, come avrebbe dovuto, le tracce dei dati raccolti dai suoi server – e questo permette alla società di conservare modelli predittivi costruiti su milioni di profili social ottenuti in occasione delle elezioni presidenziali Usa. Sia perché ora l’Information Commissioner’s Office (Ico) britannico impone alla società di consegnare tutti i dati e le informazioni in suo possesso su un elettore americano: altrimenti sarà aperto a suo carico un procedimento penale. Lo scrive il Guardian online.
In particolare l’Ufficio ha notificato a Cambridge un avviso in applicazione di una decisione legale che apre la strada ad altri 240 milioni di elettori americani per inoltrare la stessa richiesta alla società in base alle leggi britanniche sulla protezione dei dati personali.
Il caso è quello di David Carroll, professore associato alla Parson School di Design di New York che, come cittadino americano, non ha la possibilità di ottenere questo tipo di informazioni in base alla legge Usa. Ma quando Cambridge Analytica aveva elaborato i dati nel Regno Unito e questo gli dato la possibilità di fare la richiesta e, in caso di rifiuto di agire penalmente, in base alla legge britannica.