Facebook nega di aver dato ad alcune aziende accesso preferenziale ai dati dei suoi utenti: questa la replica dell’azienda di Menlo Park a un articolo del New York Times che afferma che il social network avrebbe fornito a società hitech tra cui Microsoft, Amazon, Netflix e Spotify i dati dei suoi iscritti violando le norme sulla privacy. All’inizio di questo mese già un gruppo di parlamentari britannici aveva sostenuto che Facebook ha offerto ad alcuni inserzionisti, tra cui Netflix, Airbnb e Lyft, accesso privilegiato ai dati degli utenti nel 2015.
Secondo quanto scrive il Nyt oggi, citando documenti interni dell’azienda californiana risalenti al 2017, Facebook avrebbe consentito al motore di ricerca Bing di Microsoft di vedere i nomi di tutti gli amici degli utenti del social senza il loro consenso. Facebook avrebbe anche dato ad aziende come Netflix e Spotify la possibilità di leggere i messaggi privati dei suoi utenti e avrebbe permesso ad Amazon di ottenere i nomi e i contatti dei suoi utenti usando la rete degli amici.
“Nessuna di queste partnership o funzionalità ha dato accesso non autorizzato a informazioni personali”, ha scritto in un blog post Konstantinos Papamiltiadis, director of developer platforms and programs di Facebook, aggiungendo che non è stato violato l’accordo in vigore dal 2012 con la Federal trade commission americana per la protezione dei consumatori.
Facebook ha spiegato che ha solo cercato di aiutare gli utenti ad accedere agli account o a specifiche funzionalità di Facebook su dispositivi e piattaforme realizzati da altre aziende, come Apple, Amazon, Blackberry e Yahoo, che chiama i suoi “integration partners”.
Questi partner hanno avuto accesso ai messaggi, ma gli utenti “dovevano prima esplicitamente fare log in su Facebook” per poter usare la funzionalità di messaggistica delle aziende terze. Facebook ha aggiunto di aver chiuso quasi tutte queste collaborazioni: restano in piedi solo quelle con Apple e con Amazon.
Lo stesso Nyt aveva denunciato a giugno dei presunti accordi di data-sharing tra Facebook e i vendor di telefonini: il colosso dei social network avrebbe permesso ad aziende come Apple, Amazon, Blackberry, Microsoft e Samsung di accedere a quantità gigantesche di informazioni personali dei suoi utenti grazie ad accordi stipulati, scriveva il Nyt, con almeno 60 produttori di smartphone, tablet e altri dispositivi negli scorsi dieci anni. Gli accordi hanno permesso a Facebook di estendere la sua presenza sui dispositivi mobili; in cambio Facebook ha permesso ai vendor di accedere alle informazioni personali dei propri utenti e dei loro “amici”, ma senza consenso.
Non si tratta solo di opaca gestione della privacy da parte dell’azienda di Mark Zuckerberg, ma, secondo il Nyt, è possibile che sia stato violato il patteggiamento che Facebook aveva raggiunto con la Federal trade commission che, dopo aver puntato il dito sulle lacune nella protezione dei dati personali da parte della piattaforma, aveva ottenuto l’impegno a non condividere i dati in possesso di Facebook con terze parti.
L’azienda di Menlo Park ha replicato che gli accordi di data-sharing hanno rispettato le sue policy sulla privacy e anche gli impegni con la Ftc sulla protezione dei dati personali.