L'INTERVISTA

Fusione Agcom-Privacy, Di Porto: “Una visione olistica sui dati rafforzerebbe valore privacy”

La docente dell’Università del Salento favorevole alla proposta del Commissario Nicita: un’Autorità unica avrebbe la possibilità di gestire una governance efficace dei diversi mercati e attenta alla tutela del dato

Pubblicato il 29 Gen 2019

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“Non v’è settore che non sia stato investito dalla digitalizzazione. Quindi ha senso porsi il problema di una convergenza che dai mercati diventi eventualmente anche istituzionale”: Fabiana Di Porto, Professore associato di Diritto dell’Economia e dell’Innovazione all’Università del Salento, esperta di big data e antitrust, giudica più che positiva la proposta di fusione fra l’Authority delle Comunicazioni e il Garante della Privacy avanzata nel giorni scorsi dal Commissario Agcom Antonio Nicita per dare vita ad un’Authority unica per il digitale.

Di Porto, condivide dunque la proposta.

Ogni proposta che fa discutere ed alimenta il dibattito fa bene. Che i dati siano divenuti l’asset strategico di qualsiasi attività, pubblica e privata, è osservazione palmare. Non v’è settore che non sia stato investito dalla digitalizzazione: dai servizi sanitari a quelli finanziari, da quelli energetici al commercio, dai media alla logistica, dalle poste ai social media. E tuttavia, solo su alcuni di questi mercati (come media, poste, social media) le competenze dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e del Garante per la protezione dei dati sarebbero sovrapponibili e complementari. Quindi è a partire da questa considerazione che ha senso porsi il problema di una convergenza che dai mercati diventi eventualmente anche istituzionale.

Il tema della “fusione” fra Authority non è nuovo. Crede sia necessario arrivare ad una razionalizzazione?

Ricordo il dibattito che nel 2002 portò nel Regno Unito all’istituzione di Ofcom. In quel caso si trattò esattamente di fondere diverse istituzioni (cinque per l’esattezza) con competenze diverse nei media e nelle telecomunicazioni, per dare vita ad un unico regolatore delle comunicazioni elettroniche “convergenti”. Certo gli inglesi sono noti per il loro pragmatismo, ma anche in Italia abbiamo l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), nata dalla fusione tra Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e Civit. In quel caso vi è chi ha parlato di fusione per incorporazione, ma sarebbe più corretto parlare di integrazione funzionale tra due ambiti di attività, che ha conseguentemente ampliato e rafforzato i poteri di contrasto alla corruzione dell’Anac. Ritengo quindi che i tempi siano maturi per inaugurare una seria riflessione sulla opportunità o meno di istituire una autorità di regolazione convergente per il digitale, almeno per alcuni settori.

Quali possono essere i pro di una convergenza Agcom-Privacy?

Una Autorità unica con competenze per la regolazione dei mercati digitali dei media, Ott, poste ecc. potrebbe avere il vantaggio di una visione olistica a partire dagli assi portanti della digitalizzazione: cioè algoritmi e dati. Avrebbe in altri termini la possibilità di gestire una governance efficace dei diversi mercati ed allo stesso tempo attenta alla tutela del dato e, dunque, del suo titolare. Inoltre, integrando i poteri di regolazione e sanzionatori (penso a quelli amministrativi) delle due autorità, potrebbe più efficacemente perseguire eventuali condotte illecite. Anche per gli operatori e i consumatori l’interazione con un’unica autorità in luogo di una pluralità di istituzioni è in genere percepita come una facilitazione. Certamente, non sono da sottacere taluni limiti sottesi alla scelta della convergenza istituzionale, che potrebbe, secondo taluni, aumentare i rischi di cattura del regolatore, mentre ne razionalizza talune spese. Inoltre, il soggetto nascente non sarebbe l’unica autorità ad occuparsi di digitale (ad esempio, anche Banca d’Italia e Consob si occupano di FinTech e Arera di smart cities).

C’è chi sostiene che l’eventuale fusione rischierebbe di “oscurare” il tema della privacy. Cosa ne pensa a riguardo?

Comprendo quanti sollevano il tema di un rischio di attenuazione dell’importante azione che sta svolgendo il nostro Garante. Tuttavia non ritengo tale azione potrebbe essere oscurata nel caso si raggiungesse la volontà politica di attuare una convergenza istituzionale. E ciò in quanto le competenze del Garante sono molto ampie (si pensi alle sanzioni di tipo penale, attualmente non disponibili da Agcom) e non credo scomparirebbero. Semmai potrebbe immaginarsi che da un’integrazione tra tutela del dato come espressione della personalità e tutela del consumatore, che è ormai un consumatore “iperconnesso”, possano derivare positive sinergie. Anche sul fronte dell’offerta, degli operatori, le misure che si stanno perfezionando a livello europeo in tema di mercato interno digitale pongono sfide crescenti al regolatore, basti pensare a tutto il filone della circolazione dei dati Business to Platform. Anche qui la scommessa della promozione delle Pmi in ambiente digitale, che già richiede una sostanziale azione sinergica tra le due autorità, potrebbe avvantaggiarsi dall’azione di un unico, forte, player istituzionale.

Se potesse suggerire un’ipotesi di lavoro da cosa bisognerebbe partire secondo lei?

Le due Authority sono parte di consolidati network europei. Dunque, se si decidesse di addivenire alla convergenza istituzionale occorrerebbe a mio avviso prevedere un lavoro per commissioni. È nelle aree in cui le competenze consentono una maggiore integrazione funzionale (media, Ott, social, poste), che potrebbero realizzarsi convergenze sul piano organizzativo interno. Qui, temi estremamente connessi come ad esempio portabilità dei dati da parte degli utenti e pluralismo nel mondo digitale potrebbero giovarsi del lavoro congiunto di funzionari con competenze in materia di privacy e tutela dei dati e di regolazione dei mercati online – integrate ove necessario da data scientist. Là dove invece non vi è complementarità di competenze, l’autonomia organizzativa potrebbe continuare ad assicurare lo svolgimento dei rispettivi compiti attribuiti dalla legge.

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