Ormai se lo aspettano. I consumatori sono rassegnati all’idea che i loro dati – soprattutto quando hanno un qualche possibile valore – vengano persi dalle aziende o rubati dai malintenzionati. Lo sostiene una ricerca di Strategy Analytics.
Inoltre, sempre secondo la ricerca, il valore dei dati personali e la misura in cui i consumatori consentono alle aziende di utilizzare i propri dati, sono ampiamente sottovalutati dai consumatori stessi. Tuttavia per molti utenti il valore dei servizi per i quali i loro dati vengono utilizzati supera di gran lunga qualsiasi qualsiasi preoccupazione possano avere.
Una nuova doppia ricerca di Strategy Analytics, che studia le percezioni dei consumatori sulla privacy, ha scoperto che le violazioni dei dati, l’uso improprio dei dati e il maggiore utilizzo delle informazioni biometriche personali per motivi di sicurezza sono in gran parte visti come parte di un costo per appartenere al “mondo connesso”. Un costo che i consumatori sono in gran parte rassegnati a dover sostenere.
In una serie di focus group che sono stati organizzati negli Usa e in Gran Bretagna è emerso che il valore dei dati e la misura in cui i consumatori consentono alle aziende di utilizzarli sono ampiamente sottovalutati, così come la comprensione della dimensione effettiva della loro impronta digitale.
I consumatori statunitensi considerano i loro dati personali altamente sensibili ma non si fidano che siano protetti. Mentre consumatori degli Stati Uniti hanno adottato misure più strutturate per proteggere i propri dati rispetto a quelli nel Regno Unito, questo non accade con tutti i tipi di dati.
Invece, l’impatto del Gdpr nel Regno Unito ha permesso ai consumatori di capire se i propri dati personali sono più o meno protetti. Di conseguenza, un minor numero di consumatori nel Regno Unito adotta misure attive per proteggere i propri dati in caso di violazione.
Inoltre, negli Usa i consumatori sono stati in gran parte a favore dell’implementazione di protezioni simili alla Gdpr anche per i loro dati.
Secondo Chris Schreiner, Syndicated Research UXIP e autore di report, «Le istanze di alto profilo relative a problemi di privacy hanno un certo impatto, ma non sono certamente diffuse. Anche con aziende con pratiche discutibili, ampia copertura mediatica di problemi di privacy e diffuse violazioni dei dati, è probabile che i consumatori non abbandonino le app che ritengono abbiano un valore per loro».
Secondo Kevin Nolan, vicepresidente di UXIP, «Quel che realmente fanno questi problemi di privacy di alto profilo, come quelli con Amazon Alexa e Facebook, è di avere un impatto sulla percezione dei consumatori. Gli smart speaker, ad esempio, sono i più colpiti in questo modo, con la maggior parte dei consumatori che li considera poco sicuri. Avere un microfono “sempre attivo” è eccellente per l’esperienza dell’utente, ma non è buono per la percezione della privacy. Per migliorare questa impressione è necessario una migliore comunicazione e un più accurato controllo dei dati».