SICUREZZA

Privacy, la stretta di Pechino: riconoscimento facciale per le sim degli smartphone

Per poter accedere ai servizi di telefonia mobile è obbligatorio accettare la scansione del volto. Obiettivo: eliminare tutti gli account anonimi che vengono utilizzati per frodi digitali e altri reati

Pubblicato il 02 Dic 2019

Four people each have a cell phone in the office

Da domenica in Cina, se si vuole utilizzare un telefono cellulare sottoscrivendo un servizio di telefonia mobile, è necessario – oltre a declinare la propria identità – sottoporsi anche alla scansione del proprio volto, che viene aggiunto a un archivio e verificato con tecnologie automatiche di riconoscimento facciale e associato alla Sim Card.

Pechino, che aveva annunciato questa normativa lo scorso settembre, ha dichiarato che in questo modo vuole “proteggere i diritti legittimi e gli interessi dei cittadini cinesi nel cyberspazio”.

La Cina adopera già da tempo tecnologie di riconoscimento facciale ed è anzi forse il paese al mondo con l’utilizzo più avanzato al mondo, ma negli ultimi anni ha intensificato fortemente l’utilizzo di questi sistemi, provocando numerose polemiche.

Secondo Pechino operatori telefonici devono usare “intelligenza artificiale e altri mezzi tecnologici” per accertare l’identità dei nuovi utenti al momento del rilascio dei numeri telefonici.

Il governo cinese aveva già detto che avrebbe “rafforzato la supervisione e le ispezioni, promuovendo strettamente la gestione della registrazione di utenti reali per la telefonia”. La campagna, iniziata nel 2013 con la semplice carta d’identità, adesso si trasforma con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sulla scia di videocamere a riconoscimento facciale disseminate ovunque nelle città cinesi.

Una delle motivazioni per le quali Pechino ha voluto attivare questo sistema di controllo è legato alla sicurezza, cioé al bisogno di eliminare i milioni di numero di telefono e account internet totalmente anonimi che vengono utilizzati per frodi digitali e la commissione di altri reati.

In Cina il controllo video della popolazione è diffuso con numeri che sono inimmaginabili per l’Occidente: 170 milioni di telecamere a circuito chiuso connesse nel 2017 che si stima diventeranno 400 milioni nel 2020. Inoltre, il sistema del “credito sociale” utilizzato per capire come si comportano le persone sia online che offline è basato su un unico database che sostanzialmente scheda centinaia di milioni di cinesi. Nella regione dello Xinjiang le telecamere di sorveglianza sono uno degli strumenti di base per controllare milioni cinesi Uiguri di religione musulmana.

Le critiche in Cina per questi sistemi non mancano. In particolare le critiche all’utilizzo dei sistemi automatici di riconoscimento dei volti delle persone sono in parte spinte dal timore di furto dei dati, hacking o abuso da parte delle aziende che raccolgono i dati violando la privacy dei singoli. Ma sempre più spesso vengono sollevate anche delle critiche sull’utilizzo che il governo cinese potrebbe fare di questi dati ad esempio per tracciare la popolazione.

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