L’universo dei dati e la libertà della persona”: il Garante della Privacy Antonello Soro ha intitolato così il suo discorso nell’ambito della presentazione della Relazione annuale al Parlamento. Una relazione quest’anno ancor più importante considerato che si tratta dell’ultima del settennato di Soro – il mandato dell’attuale Garante scade il prossimo 19 giugno. Per Soro dunque la Relazione è stata l’occasione da un lato per mettere nero su bianco le principali iniziative portate a termine in questi anni e quelle in corso d’opera – che vengono dunque lasciate in eredità al prossimo Collegio – ma soprattutto dall’altro per accendere i riflettori sulle questioni più stringenti e determinanti al punto da afferire alla sfera della democrazia e dei diritti fondamentali della persona.
“I dati alimentano lo sviluppo in ogni campo delle scienze e costituiscono il fondamento della nuova economia”, esordisce così lo speech di Soro. “Governarne l’innovazione in funzione della tutela della persona e delle libertà è, allora, il vero obiettivo, da cui dipendono presente e futuro delle nostre società, con implicazioni che si estendono a ogni campo della vita individuale e collettiva. Dal lavoro alla salute e alla ricerca scientifica, ma anche alla giustizia, che in alcuni Paesi sta già avviandosi a divenire “predittiva”, affidando agli algoritmi persino quelle decisioni dirimenti sull’uomo (colpevolezza, libertà, punibilità), che sembravano l’ultimo baluardo del dominio della razionalità umana”.
Il possesso e lo sfruttamento dei dati – ha evidenziato il Garante – “sono la posta in palio”. E non caso è proprio sull’egemonia tecnologica che si è inasprito l’antagonismo commerciale Usa-Cina e che si “disegna la nuova geografia del potere planetario”. Molto dura la posizione di Soro sul ruolo della Cina in cui “la sinergia tra assenza di norme efficaci a tutela della privacy e dirigismo (anche) economico favorisce una sostanziale osmosi informativa tra i provider e il Governo cinese che, anche per ragioni culturali, può massivamente raccogliere dati personali, da riutilizzare per le finalità più diverse: dalla sicurezza nazionale alla promozione dell’intelligenza artificiale. Per non parlare della “vita a punti” dei cinesi che “sembra così indicare il rischio di un nuovo totalitarismo digitale, fondato sull’uso della tecnologia per un controllo ubiquitario sul cittadino e su un vero e proprio capitalismo della sorveglianza”. Il peso dell’Europa deve crescere – ne è convinto il Garante: “Neutralità, statuto proprietario e, più in generale, sostenibilità etica e giuridica della tecnologia divengono, quindi, una questione democratica ineludibile”, sottolinea Soro che indica nel “principio di trasparenza algoritmica” la chiave per “sottrarre le decisioni sulle persone al totale determinismo delle macchine”.
Ne va dunque del prezzo della libertà, tema a cui il Garante ha dedicato un intero capitolo della Relazione. “Il diritto alla protezione dei dati personali viene sempre più invocato di fronte alle innumerevoli “servitù volontarie” cui rischiamo di consegnare noi stessi, in cambio di utilità e servizi che paghiamo al prezzo di porzioni piccole o grandi della nostra libertà. Emerge così un nuovo sottoproletariato del digitale, un “Quinto Stato” formato da quanti siano disposti a cedere, con i propri dati, la libertà, in cambio dei servizi offerti in rete solo apparentemente ‘a prezzo zero’”. Il Garante punta il dito contro la proposta di attribuire un “dividendo dei dati” agli utenti della rete. “Pur mirando a riequilibrare rapporti – quali quelli tra utenti e titolari delle piattaforme – caratterizzati da un’incolmabile asimmetria, anche questa proposta non si emancipa dall’idea della monetizzazione dei dati personali, che rappresenta oggi un tema ineludibile per le democrazie”.
Secondo Soro è “nella progressiva affermazione universale del diritto alla protezione dati e nella sua tenuta sociale, nella sua capacità di divenire cioè forma e regola dell’agire individuale e collettivo” che “si giocherà una delle partite più importanti della democrazia e dello stesso ordinamento internazionale, per governare l’innovazione nel rispetto dei diritti e della dignità”.