Duro colpo a Facebook: con una lunga inchiesta dedicata alla condotta del top management della società di Mark Zuckerberg, supportata da interviste e testimonianze di collaboratori ed ex dipendenti, il New York Times ha ricostruito le ragioni alla base dei molti passi falsi che hanno fatto puntare i riflettori internazionali sull’affidabilità della piattaforma. “Delay, deny and deflect (ritardare, negare e sviare)” è il titolo del servizio del quotidiano americano e riassume la tattica che i vertici di Facebook avrebbero adottato negli ultimi anni in occasione dei diversi scandali che hanno coinvolto il social network: dalle interferenze russe nelle elezioni politiche che hanno portato Donald Trump alla Casa Bianca, fino al caso Cambridge Analytica, per il quale il gruppo ha ricevuto ammonizioni ufficiali da diversi governi, tra cui Gran Bretagna e Giappone.
Secondo il New York Times, molte responsabilità sono da attribuire direttamente a Mark Zuckerberg e Sheryl Sandberg, rispettivamente amministratore delegato e direttore operativo della piattaforma. Troppo presi dalla crescita del gruppo, i manager avrebbero ignorato e chiesto di ignorare i segnali d’allarme, demandando le decisioni critiche in tema di sicurezza e privacy anziché affrontarle direttamente.
“Non siamo riusciti a guardare a fondo e a immaginare cosa si nascondeva dietro l’angolo”, ha per esempio ammesso Elliot Schrage, ex vice president for Global communications, marketing and public policy.
La società ha comunque risposto ufficialmente alle accuse del New York Times, da una parte constatando la propria lentezza nell’affrontare le crisi, dall’altra insistendo sul fatto che si sono registrati progressi in tal senso. “È stato un momento difficile per Facebook e tutto il management si è impegnato nel far fronte a questi problemi. Stiamo lavorando duramente per far sì che il pubblico trovi i nostri prodotti utili e per tutelare la nostra comunità da attori malintenzionati”.