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WhatsApp, in vigore la nuova privacy policy. Ecco cosa cambia

Non sarà eliminato nessun account, ma chi non acconsente alle nuove condizioni d’uso riceverà un promemoria e avrà progressivamente un accesso limitato alle funzionalità fino a quando non accetterà gli aggiornamenti. Gli avvocati Napoletano e Furgiuele: “Le autorità intervengano a tutela degli utenti”

Pubblicato il 17 Mag 2021

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“I messaggi e le chiamate sono crittografati end-to-end, nessuno al di fuori di questa chat, nemmeno WhatsApp, può leggerne o anche ascoltarne il contenuto”. La policy privacy di WhatsApp è riassumibile in questo mantra, ripetuto dallo stesso Mark Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook Inc., ad ogni domanda di chiarimento davanti alle accuse rivolte al suo impero di scambio dati tra le società del gruppo o al di fuori di esso. Normare la Privacy della app più scaricata al mondo è sempre risultato estremamente complesso, a causa, da una parte, del potere socio-economico del gruppo, dimostrato dall’immanenza nella quotidianità di ciascuno di noi, dall’altra proprio a causa del rapporto di necessaria dipendenza sviluppato dall’odierna società con le varie app controllate dal magnate (Facebook in primis, WhatsApp per l’appunto, Instagram come ultimo).

I vari Stati hanno spesso rimandato, soprasseduto, accettato in silenzio giustificazioni e ritardi, chiarimenti non completi e inesattezze. Proprio per questo, quando il 15 gennaio scorso, WhatsApp ha annunciato che avrebbe modificato la propria policy privacy ha attenzionato sin da subito i vari organi per la tutela della Privacy degli Stati, non solo occidentali.

“Siamo a conoscenza del fatto che il nostro recente aggiornamento abbia creato un po’ di confusione”: queste parole, pubblicate sul blog ufficiale della app del gruppo Facebook, rappresentavano l’ennesimo tentativo di ripulire l’immagine della app, che concludeva affermando come “tutto ciò che condividi con familiari e amici rimane tra voi”. Eppure solo pochi mesi fa il Garante italiano per la Privacy aveva definito “poco chiara ed intellegibile” la nuova policy, chiedendo, inoltre, un pronunciamento in merito da parte dell’Edpb, la European Data Protection Board, organo che riunisce tutte le Autorità nazionali europee per la tutela della privacy.

Anche in questo caso, la risposta di Zuckerberg non è stata quella di ricercare un dialogo ed un confronto con le Autorità internazionali, ma quella di rimandare non per modificare e chiarire le zone grigie della policy, ma per far fronte ad una tempesta, anche mediatica, ed alle pesantissime critiche ricevute (con conseguente migrazione di molti utenti verso Signal o Telegram). La risposta del gruppo non si era fatta attendere e il comunicato, laconico, fu semplicemente: “Abbiamo posticipato la data in cui richiederemo ai nostri utenti di rivedere e accettare i termini. L’8 febbraio, nessun account verrà sospeso o eliminato”.

L’Europa da sempre è stata estremamente attenta in tema privacy, soprattutto se si paragona il sistema normativo e giuridico del vecchio continente con quello degli Stati Uniti. Il Gdpr (General Data Protection Regulation), il corposo regolamento europeo, prevede sanzioni pecuniarie e multe fino al 4% del fatturato per chi trasferisce illecitamente i dati degli utenti in altri Paesi. Altri Paesi come gli Stati Uniti, ad esempio. E, di fatti, il gruppo Facebook è stato costretto dalla Us Internal Revenue Service (Irs, l’Agenzia delle Entrate americana) a trasferire la sede sociale dall’Irlanda agli Stati Uniti, per questioni fiscali e ciò comporta che, se WhatsApp dovesse scambiare anche un solo dato con Facebook, rischierebbe una sanzione amministrativa (art. 83 ed 84 del Gdpr).

Ad oggi, a pochi giorni dalla fatidica data del 15 maggio, termine ultimo per l’entrata della nuova policy, è la stessa app a chiarire come non verrà sospeso o cancellato nessun account che ancora non ha accettato i nuovi termini. Nella nota dell’azienda si legge: “Abbiamo trascorso gli ultimi mesi a fornire ulteriori informazioni sul nostro aggiornamento agli utenti di tutto il mondo. In quel lasso di tempo, la maggior parte delle persone che l’hanno ricevuto ha accettato l’aggiornamento e WhatsApp continua a crescere. Tuttavia, per coloro che non hanno ancora avuto la possibilità di farlo, i loro account non verranno eliminati o perderanno funzionalità il 15 maggio. Continueremo a fornire promemoria a quegli utenti all’interno di WhatsApp nelle settimane a venire”. Chi non dovesse accettare, quindi, dopo alcune settimane di limitazioni, non potrà più ricevere chiamate o notifiche in arrivo e WhatsApp smetterà di inviare messaggi e chiamate al tuo telefono.

L’inerzia di Zuckerberg ed il conseguente immobilismo anche delle Autorità internazionali hanno comportato una stasi che pregiudica in primis gli utenti. La forza economico-finanziaria, infatti, del colosso statunitense porta i Garanti sì ad attivarsi, ma a lasciar spesso cadere possibili interrogazioni e richieste di chiarimenti nei confronti di queste società. D’altro canto, l’utente medio, sin troppo dell’idea che la privacy sia un qualcosa di talmente aleatorio da risultare anacronistico soprattutto nell’odierna società, accetta non curante che propri dati vengano scambiati e trasmessi, con il concetto della sfera privata che diventa sempre più labile.

Sotto un punto di fila giuridico, la domanda da porsi è se il fumus di una sanzione pecuniaria (nei confronti di un colosso quale Facebook Inc.) risulta essere una sanzione utile a bloccare il flusso e lo scambio di dati e tesa, soprattutto, alla tutela della privacy del singolo. Miliardi di utenti comportano un numero di dati difficilmente calcolabile scambiato quotidianamente: conversazioni, frasi, foto, video, rappresentano, ad oggi, una parte fondamentale delle nostre vite, eppure vi rinunciamo sempre più facilmente. Bisogna ammettere che la sfera privata è percepita sempre più come un qualcosa a cui dovremo rinunciare. Accettare ciò, però, rappresenta una sconfitta per il singolo e per il mondo giuridico.

Un sistema, seppur immanente, può avere dei limiti, fisiologici, ma non deve rinunciare al proprio ruolo. Lo Stato come Leviatano, seppur frutto di visione antica, rappresenta, ad oggi, comunque il modello su cui è imperniato il mondo Occidentale. Il singolo che rinuncia ad occuparsi della res privata così come fa della res publica ammette una sconfitta e porta il mondo ad una preoccupante abnegazione.

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