Era riconosciuto universalmente come il protagonista dell’ascesa di Samsung Electronics, di cui prese le redini societarie nel 1987 e che guidò fino a farla diventare uno dei principali colossi planetari dell’elettronica, il cui export vale da solo un quinto di quello dell’intera Corea del Sud. E’ morto presidente di Samsung, Lee Kun-hee, 78 anni, gli ultimi sei dei quali trascorsi in ospedale dopo un attacco cardiaco che risale al 2014.
Grazie all’ascesa vertiginosa crescita che era stato capace di imprimere a Samsung Lee Kun-hee era diventato un simbolo del boom economico e tecnologico della Corea del Sud, che a fine 2020 potrebbe diventare la nona economia mondiale, oltre che l’uomo più ricco del Paese, con un patrimonio vicino ai 18 miliardi di euro, riuscendo nell’impresa di trasformare un’azienda specializzata nell’export di pesce e frutta in un colosso globale dell’elettronica, primo produttore mondiale di smartphone e chip, oltre che uno dei principali player nel campo delle Tv e degli elettrodomestici, per arrivare fino all’edilizia.
Soprannominato “il re eremita” per le sue abitudini riservate, Lee è stato anche uno degli sponsor principali delle olimpiadi che si svolsero a Seoul nel 1988, che diedero una grande visibilità al Paese che era impegnato a lasciarsi alle spalle il periodo della dittatura militare, e di quelle invernali di Pyeongchang 2018.
Tra gli aspetti negativi che hanno caratterizzato il periodo in cui Lee ha guidato l’azienda anche alcuni scandali finanziari e intrecci politici che negli anni lo hanno portato a essere condannato con le accuse di corruzione ed evazione fiscale.
Nel comunicato di commiato Samsung definisce Lee come “un vero visionario”, che lascia un’eredità “eterna”. A proseguire nella guida dell’azienda rimane ore il figlio di Lee, Lee Jae-yong, che ricopre al momento la carica di vicepresidente ed è al timone di Samsung del ricovero del padre. Anche lui è stato protagonista di una vicenda giudiziaria intricata, che lo ha portato a essere arrestato nel 2017 e condannato a cinque anni di reclusione per corruzione e una serie di altri reati legati allo scandalo che ha coinvolto l’ex presidente sudcoreano Park Geun-hye. E’ però poi stato scagionato dalle accuse più gravi e rilasciato, mentre il processo è attualmente in fase di revisione.