Web tax, fuori dal coro la voce di Iab Italia, associazione che raggruppa circa 170 aziende della pubblicità digitale. “Soddisfazione – fa sapere la sezione italiana dell’Interactive Advertising Bureau – per la proposta che, almeno in questa fase di discussione, sembra muoversi lungo il solco delle proposte comunitarie, calata nel contesto normativo nazionale”.
Contrariamente a quanto criticato dall’Ict italiano rappresentato da Confindustria Digitale e Anitec-Assinform, secondo l’associazione la nuova disposizione favorisce la concorrenza. “L’attenzione rivolta alle nuove fonti di ricavi di alcuni operatori della rete – dichiara Carlo Noseda, Presidente di Iab Italia – sembra utile per tutelare le Pmi italiane. Non colpisce l’e-commerce, la manifattura, il digitale e lo sviluppo del web. Il limite dei 750 milioni di euro e i 5.5 mln di ricavi realizzati in Italia per questo tipo di servizi ci sembra vada proprio in questa direzione, individuando le economie rilevanti e ponendo un correttivo alle situazioni di distorsione del mercato”.
L’ambito di applicazione, secondo Iab, così come esplicitato dal comma 29-quater che riprende un dispositivo della Commissione Ue individua l’obbligo di imposizione nei casi di pubblicità online, interfacce digitali multilaterali che permettono agli utenti – e non quindi alle imprese – di interagire tra di loro anche al fine di scambiarsi beni o prestarsi servizi, e trasmissione dei dati raccolti dagli utenti.
“Si tratta quindi di un elenco sufficientemente chiaro e definito – ha continuato Noseda – occorrerà certamente attendere l’approvazione, prima, e l’implementazione, poi, della norma, che ci auguriamo si muova nei limiti già chiariti dall’emendamento del Governo. Iab rimane a disposizione per lavorare con le istituzioni e tutti gli stakeholder per focalizzare il decreto attuativo alle reali situazioni di abuso e asimmetria concorrenziale.”