Stare ore e ore davanti a uno schermo e con un joystick in mano non è più solo una cattiva abitudine. Si chiama “gaming disorder”, dipendenza da videogame, e l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha ufficialmente riconosciuta come patologia.
Inserita nel capitolo sulle patologie mentali, il gioco compulsivo è entrato a far parte dell’International classification of diseases (Icd), l’elenco ufficiale delle malattie aggiornato oggi nell’undicesima edizione rilasciata dall’Oms. Secondo il nuovo elenco, che contiene oltre 55mila diverse voci, la dipendenza da gioco digitale consiste in “una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti che prendono il sopravvento sugli altri interessi della vita”.
Per arrivare a una diagnosi, occorre che ricorrano tre elementi. Innanzitutto, il gioco deve avere la precedenza sulle altre attività, nella convinzione che queste rivestano minore importanza. Il secondo elemento è il controllo alterato del comportamento: il gioco infatti continua, o addirittura peggiora, anche in presenza di conseguenze negative. Infine, terza caratteristica è la presenza di angoscia, stress e difficoltà nell’adempiere alle normali occupazioni personali, familiari, di studio o di lavoro.
Un quadro clinico molto simile alla dipendenza da sostanze stupefacenti, come rilevano da tempo i genitori preoccupati di fronte a figli letteralmente “drogati” di videogame. I ricercatori dell’Organizzazione mondiale della sanità precisano che l’impatto negativo deve perdurare per almeno un anno prima di poter parlare di dipendenza da gioco. “Non si tratta di creare un precedente”, ha spiegato Vladimir Poznyak del dipartimento per la Salute mentale dell’Oms. “Abbiamo deciso di inserire questa nuova patologia sulla base degli ultimi sviluppi delle conoscenze sul tema”.
Per l’Oms, la previsione del gaming disorder come una specifica condizione mentale aiuterà governi, familiari e operatori sanitari a individuare con anticipo i rischi di questa condizione. Non ogni bambino appassionato di videogiochi è affetto da una patologia, precisano dall’Oms. La sua inclusione nell’elenco, però, contribuirà ad aiutare chi ne soffre a ricevere un aiuto appropriato.