La Cina rilancia sull’industria dei semiconduttori per rispondere alla trade war con gli Stati Uniti che mira a colpire anche il fondamentale settore dei chip. Il governo di Pechino, tramite il Consiglio di Stato, ha varato una serie di incentivi fiscali per le aziende dei semiconduttori nazionali. Per esempio, quelle in attività da più di 15 anni e che producono i chip a 28 nanometri o anche più avanzati saranno esentate dall’imposta sulle entrate per un periodo fino a 10 anni.
Ulteriori sgravi sono previsti per le imprese che lavorano nell’ambito della progettazione e del software per i chip, in diretta concorrenza con i player di Europa e Usa che dominano il settore.
Il nuovo piano di Pechino mira anche a finanziare e incentivare le imprese a quotarsi sui listini tecnologici cinesi, come il Mercato Star.
Made in China 2025
Le misure annunciate rientrano nel più ampio piano industriale “Made in China 2025”, con cui la Cina mira a produrre da sola, entro fine 2020, il 40% dei semiconduttori che usa, per arrivare al 70% nel 2025. La quota attuale non è stata resa pubblica, ma la produzione di chip è diventata un elemento cruciale della “guerra digitale” tra Stati Uniti e Cina.
“Penso che questa nuova guerra fredda tecnologica sia il motivo per cui la Cina sta spingendo sulla tecnologia e sviluppando aggressivamente la capacità di produrre in casa”, commenta su Cnbc.com l’analista Neil Campling, head of technology, media and telecoms research di Mirabaud Securities. Pechino, sottolinea Campling, teme di essere tagliata fuori dai rifornimenti di chip a causa delle aggressive politiche americane.
“Impatto marginale sulla capacità cinese”
Ma altri analisti sottolineano che non sarà facile per la Cina rendersi più indipendente dai produttori di chip esteri. “L’annuncio del Consiglio di Stato si concentra soprattutto sugli sgravi fiscali ed è improbabile che diano una spinta decisiva allo sviluppo di semiconduttori cinesi”, afferma Dan Wang, analista di Gavekal Dragonomics. “È tuttavia il segnale che questo settore ha un forte sostegno politico”.
“Da anni la Cina infonde denaro nell’industria dei chip con finanziamenti e stimoli dal successo, finora, solo incrementale”, commenta Paul Triolo, head of the geo-technology practice di Eurasia Group. “Il settore è fortemente globalizzato, competitivo e market-driven e serve molto più che il cash per concorrere. Le nuove misure aiuteranno in alcuni ambiti, ma nel breve termine avranno solo un impatto marginale sulla capacità delle aziende cinesi dei chip di diventare più competitive sul mercato globale”.
Huawei rinuncia a Kirin 9000
La Cina resta per ora fortemente dipendente dai rifornimenti esteri, come ha portato in evidenza anche da uno degli ultimi capitoli della trade war che ha costretto Huawei a sospendere dalla metà di settembre la produzione di uno dei suoi chip di punta per i dispositivi mobili, il Kirin 9000.
Il processore, interamente progettato da Huawei utilizzando alcune tecnologie Made in Usa, viene prodotto dal fornitore taiwanese Tsmc. Il blocco della produzione sarebbe una conseguenza diretta del “ban” ufficializzato dal presidente americano Donald Trump il 6 agosto, che, tra le altre cose, impedisce alle società statunitensi di mettere i propri prodotti a disposizione delle aziende cinesi o delle realtà che lavorano sulle loro commesse.
Huawei dipende da Tsmc per fabbricare i chip a 7 nanometri per i suoi smartphone e non c’è al momento un produttore cinese – nemmeno il colosso nazionale Smic – capace di produrre questi avanzati chip in volumi tali da soddisfare la domanda massiccia di Huawei.
Le pressioni Usa sulla supply chain
La logistica dei semiconduttori è molto complessa. Huawei progetta i suoi chip, ma ha bisogno di Tsmc per fabbricarli. Inoltre, occorrono macchinari e componenti che arrivano da un ristretto gruppo di imprese altamente specializzate. Per esempio, l’olandese Asml produce una macchina per l’estrema litografia ultravioletta (Euv) che serve per realizzare i chip più avanzati (la usano sia Tsmc che Samsung). Reuters ha scritto che Washington è andata in pressing sull’Olanda per imporre uno stop alla vendita di macchinari di Asml a Smic.
Sanzioni e pressioni rischiano di essere un concreto ostacolo alla crescita dell’industria cinese dei chip: “L’accesso a strumenti avanzati sotto il controllo del governo Usa perché contengono proprietà intellettuael americana sarà il fattore limitante per la Cina”, secondo Triolo.