In Silicon Valley il coronavirus mette in stand-by le attività di investimento che hanno finora alimentato la costante formazione e lo sviluppo di startup: i venture capitalist restano alla finestra in attesa di conoscere le evoluzioni dell’epidemia e le neonate società innovative rischiano di restare in un limbo di cui non si può al momento conoscere la durata.
Gli analisti sentiti dalla testata Cnbc.com sottolineano che gli accordi con i finanziatori privati sono al momento fermi a causa dei rischi economici legati alla pandemia. La California sta implementando misure restrittive sugli spostamenti, come in Italia e in Europa: gli incontri di persona sono esclusi e valutare le startup diventa più difficile. Anche per le startup già avviate, e con alte valutazioni, il rischio è che la curva di crescita si inverta.
“Vedo tutto bloccato per le prossime due-tre settimane, almeno finché non si chiarirà la situazione”, afferma Ryan Gilbert, general partner di Propel Ventures. “Al momento le persone si preoccupano più di difendere la salute che di fare presentazioni ai venture capitalist”.
Investitori alla finestra
L’emergenza coronavirus sta anche colpendo duramente le Borse mondiali: mercoledì l’indice S&P 500 a Wall Street ha chiuso circa il 30% al di sotto del record dello scorso mese e gli economisti hanno abbassato nettamente le previsioni sulla crescita del Pil americano e globale per il 2020. Così anche la fiducia degli investitori consumer cala, nota Sheel Mohnot, partner di 500 Start-ups. Mohnot dice che la sua società consiglia “a tutte le imprese che non hanno bisogno urgente di cash di rimandare ogni operazione di fund-raising per il momento”.
“I deal sono in calo”, continua Mohnot. “Le startup che stanno bruciando denaro ad alti ritmi già non avevano buone prospettive dopo il flop della quotazione di WeWork, ma ora la prospettiva è ancora più grigia perché i round di finanziamento più sostanziosi farsi aspettare per parecchio tempo“. WeWork è la società del co-working di cui il colosso giapponese Softbank è il maggior azionista. Valutata 47 miliardi di dollari, ha fatto una quotazione disastrosa lo scorso ottobre e la sua valutazione è scesa a 8 miliardi, tanto che Softbank è dovuta intervenire con un piano di salvataggio da 9,5 miliardi di dollari.
Anche Uber e Lyft stanno registrando prestazioni deludenti nonostante le loro alte valutazioni e gli investitori si preoccupano della sostenibilità della crescita e capacità di essere profittevoli delle tante imprese della Silicon Valley, sottolinea Nizar Tarhuni, direttore della ricerca di Pitchbook.
Crisi come nel 2009
Anche la valutazione delle startup più strutturate potrebbe essere rivista al ribasso, perché dipende dalla crescita futura e la recessione è un rischio concreto. Le azioni delle tech companies quotate sono per lo più in caduta e questo rende difficile giustificare alti multipli per le startup ancora non presenti in Borsa.
“Gli investitori certo non pagherebbero oggi quello che erano disposti a sborsare solo due settimana fa”, afferma Propel. “Molte startup non riusciranno a sopravvivere”.
Secondo Tarhuni nel 2020 tanti progetti di Ipo verranno rinviati.
Sequoia, la nota società di investimenti della Silicon Valley, ha scritto che l’epidemia di coronavirus è il “cigno nero” del 2020: una situazione improvvisa e completamente inattesa dagli esiti del tutto imprevedibili. I finanziamenti degli investitori privati “potrebbero diminuire notevolmente, come accaduto nel 2001 e nel 2009”.
Opportunità di lungo periodo
Nonostante questo quadro fosco, alcuni analisti ritengono che possano esserci delle opportunità anche in tempi di coronavirus. Mark Goldberg di Index Ventures afferma che l’attività di deal-making è stabile per quanto riguarda i fondi che lavorano su aziende con cui già erano in trattativa. Goldberg e altri investitori usano prodotti di videoconferenza, come Zoom, per continuare a portare avanti gli affari. È più difficile valutare la squadra manageriale delle startup e le decisioni su quanto capitale investire comportano un maggiore tasso di rischio, ma i negoziati non si fermano.
Lo stesso big degli investimenti hitech Sequoia sottolinea il fatto che nei periodi di crisi possono emergere opportunità di lungo termine. Per esempio, la stessa Sequoia si è alleata con Cisco poco dopo il Lunedì nero del 1987 (il 19 ottobre di quell’anno l’indice Dow Jones a Wall Street crollò del 22,6%), Google e PayPal sono sopravvissute allo scoppio della bolla delle dot.com e Airbnb, Square e Stripe sono state fondate durante la crisi finanziaria del 2008.