Portare la robotica nell’universo della medicina e della neuropsichiatria infantile, sfruttando le possibili interazioni tra uomo e robot. “Ma soprattutto tra bambino e robot”, spiega a CorCom Daniele Lombardo che, insieme al fratello Marco – di 41 e 37 anni, sono entrambi periti informatici – ha deciso di rispondere ad alcuni interrogativi: che accade se un robot umanoide interagisce con un bambino affetto da autismo? Possedere un’entità artificiale con la quale relazionarsi può migliorare la vita sociale e cognitiva del piccolo? Domande alle quali risponde il lavoro di ricerca, sviluppo e testing condotto da Robotics life, startup di Catania fondata nello scorso luglio dai fratelli Lombardo che, insieme al cugino Giuseppe Pennisi, portano avanti un iter sperimentale nell’ambito della cura dell’autismo nei bimbi tra i 2 e i 6 anni (l’età in cui è più probabile ottenere miglioramenti nella malattia).
“Come informatici siamo interessati allo studio della robotica. In particolare, alla ricerca di applicazioni destinate alla social robotics, ovvero la robotica applicata nella vita di tutti i giorni”, riprende Daniele Lombardo. Nel dettaglio stiamo parlando della realizzazione e commercializzazione di Robomate, una piattaforma educativa personalizzabile che include una serie di software comportamentali; questi programmi sono progettati secondo il paradigma del cosiddetto “edutaiment” (l’intrattenimento educativo) e consentono al robot – “che non viene costruito in Italia: i modelli che utilizziamo provengono dalla Francia (Nao) e dagli Stati Uniti (Zeno)“, precisa Lombardo – di interagire con il bambino sulla base delle differenti esigenze di paziente e terapista. Ci troviamo di fronte, dunque, a robot umanoidi dalle sembianze umane. “Robot che, rappresentando il surrogato dell’essere umano, costituisce un’occasione privilegiata all’interno della terapia dell’autismo, poiché uno dei suoi sintomi è la scarsa interazione sociale oltre al deficit verbale e ai comportamenti stereotipati e ripetitivi”, spiega Lombardo.
Dunque il robot, non essendo un essere umano, “fa quello per cui è programmato e, interpretato come un giocattolo rassicurante, diventa un vero e proprio catalizzatore di interesse per i bambini autistici. Da studi condotti in passato, infatti, si è visto che l’utilizzo di robot umanoidi garantisce un 30% di miglioramento medio nelle interazioni sociali di questi piccoli pazienti”, illustra il programmatore. Quindi spiega: “Il progetto è già nella fase sperimentale: abbiamo venduto i primi robot insieme alla nostra soluzione, perché la vera sfida è stata quella sia di programmarli sia di creare un’applicazione per l’utilizzo semplificato del robot stesso, cosa questa che mancava”. I robot umanoidi, infatti, esistevano già da qualche anno. “Ciò che invece necessitava era un software di facile fruibilità per medici, terapisti e genitori che permettesse un uso diretto e personalizzato del robot stesso, senza bisogno di ricorrere al tecnico informatico di turno”, conclude Lombardo.