Il governo italiano sta portando avanti “una profonda analisi” sugli investimenti stranieri in tecnologia “ma non sulla Cina in modo specifico”. Cancellare i contratti presi con Huawei “potrebbe essere un problema”. Lo afferma in un’intervista a Bloomberg il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci, in merito alla disputa tra Stati Uniti e il colosso cinese delle tlc. “La questione non è: Huawei sì, Huawei no. La vera questione deve essere quella sulle possibilità di accesso alla rete di competenze manifatturiere straniere”.
“Non vedo Huawei come un caso – ha proseguito – ma solo come uno dei 25 nomi di aziende manifatturiere che si possono scegliere a prezzi e qualità differenti”. “La Cina sta crescendo molto ma ha una popolazione tra le piu povere del mondo. E’ un paese pacifico che prova a nutrire il suo popolo. Noi all’Ovest non capiamo cosa sta facendo e questo crea frizioni, ansia e sfiducia – ha osservato Geraci – Gli Usa non devono preoccuparsi della nostra lealtà. Non è mai stata una questione. Se c’è un problema possiamo essere aiutati a prendere la decisione migliore ma questo non significa andare contro i nostri alleati americani”, ha concluso aggiungendo che a fine marzo il presidente cinese Xi Jinping potrebbe venire in Italia per rafforzare la collaborazione economica tra i due paesi.
Il numero uno e fondatore di Huawei Ren Zhengfei, è tornato a parlare ai media stranieri, in un’intervista alla Bbc, con toni più forti di quelli usati finora per difendere la società dagli attacchi degli Usa. “Gli Stati Uniti non ci possono schiacciare”, èil messaggio di sfida a Washington. Ren ha parlato anche della figlia, Meng Wanzhou, arrestata il 1 dicembre scorso in Canada su richiesta degli Usa, che la accusano di violazione delle sanzioni all’Iran: è un’azione “motivata politicamente”, ha detto il fondatore di Huawei.
“Il mondo ha bisogno di Huawei perché siamo più avanzati. Anche se riuscissero a persuadere più Paesi a non usarci temporaneamente, potremmo ridimensionarci un po’. E poiché gli Stati Uniti continuano a prenderci di mira e ad addossarci colpe, ci hanno costretti a migliorare i nostri prodotti e servizi”, ha spiegato Ren. Il manager ha poi definito “motivato politicamente” l’arresto della figlia, Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del gruppo.
“Disapprovo quello che hanno fatto gli Stati Uniti. Questo tipo di azioni motivate politicamente non è accettabile”, ha proseguito Ren in risposta a una domanda sulla situazione della figlia, che rischia l’estradizione negli Stati Uniti per frode bancaria internazionale e violazione delle sanzioni all’Iran.
“Gli Stati Uniti vogliono sanzionare altri qualora si presenti un problema. Usano metodi di questo tipo, e noi disapproviamo. Non c’è impatto sulle attività di Huawei dovuto alla perdita di libertà di Meng Wanzhou – ha proseguito – Infatti, cresciamo anche più velocemente. Hanno preso Meng Wanzhou, forse hanno preso la persona sbagliata. Potrebbero avere pensato che se la arrestavano Huawei sarebbe crollata, ma non siamo crollati, continuiamo a guardare avanti. Il nostro gruppo ha stabilito metodi e procedure e non si affida piùa una sola persona. Anche se me ne dovessi andare via io un giorno, questa compagnia non cambierà la propria traiettoria”. Per il futuro, Ren pensa a un aumento degli investimenti in Gran Bretagna, se Londra continuerà ad avere fiducia in Huawei.
Secondo il Financial Times l’intelligence britannica avrebbe sdoganato Huawei. In un report stilato per il governo – Londra tra marzo e aprile dovrà decidere se tenere fuori i cinesi dallo sviluppo del 5G – si ritiene che si possano limitare i rischi legati all’uso della tecnologia 5G di Huawei.
Le conclusioni a cui sono arrivati gli 007 di Londra potrebbe avere come effetto quello di rassicurare anche altri Paesi europei riguardo all’utilizzo di componenti cinesi per lo sviluppo delle reti 5G.
La mossa della Gran Bretagna appare in direzione contraria a quella presa lo scorso anno da Australia e Nuova Zelanda, che avevano escluso il gruppo dalla gara per lo sviluppo delle reti 5G. Sia Australia che Nuova Zelanda appartengono, come la Gran Bretagna, all’alleanza nota come “Five eyes” per la condivisione di intelligence, di cui fanno parte anche il Canada e gli Stati Uniti: la Gran Bretagna, scrive il quotidiano londinese, potrebbe scegliere di andare verso una diversificazione dei fornitori e verso parziali restrizioni al 5G. Il governo britannico, ha dichiarato un portavoce, è ancora al lavoro e una decisione a riguardo e’ attesa per la primavera prossima.
Le conclusioni dell’intelligence britannica rappresentano un duro colpo per Washington, impegnata a convincere i Paesi europei a tenere fuori Huawei dalla costituzione delle reti 5G di ultima generazione, convinta che agisca come agente di spionaggio della Cina.
“Se le luci si spengono all’ovest, l’est continuerà a brillare, e se il nord diventa buio, c’è ancora il sud – ha concluso Ren – L’America non rappresenta il mondo. Rappresenta una parte del mondo”.
Anche l’altro colosso cinese delle Tlc scende in campo a difesa delle sue strategie. Il capo della sicurezza di Zte, Zhong Hong, asserisce che Zte antepone la protezione dei propri clienti agli interessi commerciali; rispetta le leggi e i regolamenti in materia di sicurezza informatica in modo da garantire la consegna end-to-end di prodotti e servizi, sicuri e affidabili.
“La sicurezza informatica è una delle massime priorità per lo sviluppo e la distribuzione dei prodotti Zte – spiega il manager – La compagnia sta creando una struttura olistica di governance della cybersecurity incentrata sul piano strategico di sviluppo della società, con riferimento agli standard internazionali, alle leggi e ai regolamenti, promuovendo così la corretta consapevolezza della sicurezza per tutti i dipendenti e garantendo sicurezza all’intero processo”.