L'ANALISI

5G, il business delle torri impatterà sugli investimenti in Europa?

Il mercato sta cambiando pelle. Le telco pronte a liberarsi di molte infrastrutture per abbattere costi e debiti. Ma le operazioni in corso stanno tenendo alla larga gli americani, non convinti del modello continentale. I prezzi sono troppo alti e rischiano di compromettere la spesa in innovazione

Pubblicato il 30 Ago 2019

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Il mercato europeo delle torri sarà fluido nei prossimi due anni, con un possibile ingresso di più gestori indipendenti, perché le grandi telco come TimVodafone vogliono vendere le torri di proprietà per ridurre il debito e finanziare il roll-out del 5G. Tuttavia per alcuni analisti è improbabile che si passi a uno scenario “all’americana”, in cui la ownership delle torri è in gran parte in mano a operatori indipendenti: secondo TowerXchange solo un quarto delle torri europee messe in vendita finirà nelle mani di società terze e le grandi telco vorranno mantenere la proprietà di almeno parte di questi asset che continuano a considerare strategici.

I dati di TowerXchange riportati da Bloomberg indicano che alla fine del 2021 quasi 500.000 torri in Europa saranno o proprietà diretta degli operatori di rete (in parte anche in joint venture) oppure gestite da società delle torri di proprietà delle telco. Il resto (circa 150.000 torri) sarà in mano a operatori indipendenti delle torri. E’ un dato in netto aumento rispetto alla prima metà del 2019, ma che vede le telco ancora protagoniste. Per esempio, Vodafone e CK Hutchison Holdings stanno dando vita a filiali separate per le loro torri (in tutto quasi 90.000) e la società di consulenza pensa che i due gruppi telecom vorranno mantenere il controllo su questi asset.

Ciò tiene alla larga gli operatori indipendenti statunitensi, come American Tower e Crown Castle International, che negli Usa sono i due maggiori proprietari di torri di telecomunicazione. Le due aziende ritengono che investire nelle torri in Europa sia troppo costoso sia per il prezzo iniziale di acquisto che per le prospettive di guadagno dal leasing e guardano invece a mercati come India, Africa e America Latina per l’espansione internazionale.

Tra i problemi che allontanano le società americane c’è quello dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche, più severi che negli Usa, e che restrigono il numero di torri che si possono installare sullo stesso sito. Altro problema per eventuali acquirenti è la ridondanza: torri di telco rivali che sono molto vicine. Un operatore indipendente tenderebbe ad eliminare le torri di troppo, ma si troverebbe a dover pagare comunque i costi di concessione del terreno preesistenti. La diffidenza degli operatori Usa potrebbe però giocare a vantaggio di quelli europei, come la spagnola Cellnex.

Secondo gli analisti di MoffettNathanson, voler restare ancorate al business delle torri può mettere a rischio la competitività delle telco europee: vendere la piena ownership a società indipendenti può stimolare l’innovazione e ridurre le spese incoraggiando gli operatori telecom a condividere le infrastrutture, evitando costose duplicazioni. Insistere nella proprietà delle torri potrebbe rallentare il progresso nelle implementazioni 5G e dare un vantaggio sostanziale alle telco Usa, che si sono in gran parte liberate dalla proprietà delle torri.

Le telco europee ragionano anche in base all’esperienza delle controparti americane: le aziende Usa delle tlc si sono affrettate, ormai più di dieci anni fa, a vendere le torri per ridurre i costi di gestione e poter investire in nuove reti, ma a volte i costi di leasing si sono rivelati ancora più alti. Tuttavia, dicono da MoffettNathanson, il rischio è di “esagerare sul lato opposto. Possedere le torri è un modello che a livello globale non si è rivelato efficace”.

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