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5G, sarà il B2B a fare da traino: la bussola è l’open collaboration

Operatori a confronto sui modelli di business e sui servizi abilitati dalla nuova tecnologia mobile: partnership di “filiera” per rendere sostenbili gli investimenti e accelerare il roll out. Smart city banco di prova ma serve una politica industriale

Pubblicato il 13 Dic 2018

gildo

Non solo una rete di nuova generazione ma soprattutto una piattaforma abilitante nuovi servizi e nuovi modelli economici in grado di connettere cose e persone. È questo il portato “rivoluzionario” del 5G. Di quale modello di business può fare da driver se ne è parlato a Roma, in occasione del convegno di Digital 360 “5G: l’Italia sarà leader?”.

Maurizio Dècina, presidente di Infratel, ha posto l’accento sulle key futures  a cominciare dalla full virtualization. “Con il 5G – ha avvertito – sarà necessario un cambio del modello di business, tenuto conto che la virtualizzazione porta fuori hardware e software con conseguenti abbassamenti dei costi di delivery e gestione”.

Altro tema cruciale è la condivisione degli investimenti e la valorizzazione del modello wholesale only. “Così – ha concluso Dècina – si apre la strada alla realizzazione del 5G come piattaforma abilitante e non mera rete di comunicazione”.

Secondo Paolo Baile, Communications, Media & Technology Lead, Accenture Strategy Italia, il boost del 5G arriverà dal B2B anche se in Italia c’è ancora molto da fare su questo fronte. “Implementare il 5G è il tassello che ancora manca al Sistema Paese  per far diventare le imprese smart – ha avvertito il manager – Penso ad organizzazioni che basano le proprie strategie su modelli data driven e che possono sfruttare tecnologie complesse come l’AI. Caratteristiche, queste, che consentiranno alle aziende di aprirsi a collaborazioni in grado di generare valore incrementale.”

“Il 5G – ha proseguito Baile – rappresenterà una vera e propria piattaforma in grado di accelerare l’adozione di nuovi servizi a supporto degli ecosistemi industriali che nasceranno nei prossimi anni. Le nuove tecnologie sono già una componente fondamentale del business di diverse imprese (secondo le stime accenture le aziende italiane hanno speso nel digitale 14 miliardi di euro nello scorso anno ndr) e lo saranno sempre di più nel prossimo futuro: il 48% dei manager crede che gli investimenti in tecnologia cresceranno fino al 10%, con un ritorno stimato del capitale investito superiore all’80%”.

Sabrina Baggioni, 5G Program Director di Vodafone Italia, ha portato l’esempio di Milano dove la compagnia ha acceso la prima rete 5G. “A un anno dalla sperimentazione abbiamo presentato i risultati della sperimentazione 5G guidata da Vodafone a Milano – ha sottolineato – Abbiamo avviato 31 progetti 5G su 41 e, con 120 siti già attivi, abbiamo superato la copertura dell’80% della popolazione”.

“La sperimentazione a Milano ci dà un’opportunità straordinaria di lavorare insieme all’ecosistema dei partner che abbiamo costruito per capire quali saranno gli ambiti dove il 5G darà più valore, come ciascuno potrà estendere le proprie competenze lungo le filiere e quali skill dovranno essere portate in campo – ha spiegato Baggioni – Alcuni settori e ambiti saranno più veloci nell’abbracciare il 5G, penso ad esempio alla realtà aumentata e virtuale, alla manifattura e all’industria 4.0 oppure all‘ entertainment. Altri settori, – come l’automotive, avranno bisogno di più tempo perché, oltre a richiedere un ecosistema molto complesso da realizzare, necessitano di alcune funzionalità importanti del 5G come lo slicing, che oggi non è ancora standardizzato”

Ma per spingere lo sviluppo del 5G resta cruciale l’avvio di partneship strategiche nell’ottiva di open innovation. In questo senso Simone Bonannini, Direttore Commerciale e Marketing di Open Fiber, ha evidenziato come il modello wholesale only può abilitare l’open collaboratio. “La nostra rete in fibra è a disposizione di tutti, anche degli operatori impegnati nel 5G – ha sottolineato – La fibra è infatti cruciale per supportare la quinta generazione, data la necessità di portare il cavo fino alle torri”.

“Il modello Open Fiber è unico al mondo perché garantisce condivisione di asset e investimenti come mai hanno garantito altri modelli – ha ricordato – Ma la rete in quanto tale non basta per la rivoluzione 5G: la posa della fibra deve fare il paio con l’attivazione dei servizi. Avere fibra “spenta” non è funzionale alle esigenze del Paese. E per attivare i servizi serve manodopera, dunque si va a impattare positivamente anche sull’occupazione. E’ una sfida Paese non solo delle imprese”.

Per Lisa Di Feliciantonio, Head of Public Affairs and Media Relations di Fastweb, la collaborazione è un elemento determinante nello sviluppo del 5G. “Determinante per garantire la sostenibilità degli investimenti sarà l’utilizzo del 5G come rete fissa, non solo mobile e la loro razionalizzazione – ha spiegato la manager – a patto però che gli operatori mantengano la loro autonomia e sia garantito un adeguato livello di competizione”. Il modello è la jv Fastweb-Tim. “Flash Fiber è un veicolo unico – ha ricordato – ma che realizza più reti in parallelo permettendo ai due partner di competere sia nel mercato al dettaglio che a quello all’ingrosso , differenziando modelli di business e strategie.”

Sulla collaboration si è concentrato anche l’intervento di Mario Di Mauro, Chief Strategy, Innovation and Customer Experience officer di Tim. “Tim sta investendo molto nel 5G – ha detto – Appena ieri, insieme a Qualcomm ed Ericsson, abbiamo effettuato la prima videochiamata in 5G su banda millimetrica che rappresenta l’esempio di come l’open colllaboration sia la chiave di volta per lo sviluppo della nuova rete mobile”.

Ma la sfida centrale del 5G, secondo Di Mauro, si gioca sulla smart nation. “Il 5G – ha spiegato – trasforma alla radice relazioni, spazi urbani e modi di comunicare e offre all’Italia una chance imperdibile di crescita e sviluppo sostenibile. Ma serve una politica industriale che disegni il Paese del futuro a sostegno degli investimenti delle telco”.

Wind Tre sta rafforzando le partnership con Pmi e università. “La nostra strategia – ha spiegato Luca Monti, Head of 5G & IoT project – è quella di fare rete con i territori e il mondo della ricerca per tirare fuori il meglio della tecnologia e dei progetti. L’obiettivo è, in qualche modo, dare il nostro contributo alla definizione delle smart city 5G based che non può essere lasciata in mano ai grandi Ott come Google e Amazon”.

Lo sviluppo della nuova rete va di pari passo con la diffusione del Fixed Wireless Access (Fwa). “L’Fwa è la porta di ingresso al 5G – ha sottolineato Francesco Sortino, Chief marketing officer di Linkem – Abbiamo una rete 4,5G che può facilmente mutare ‘geneticamente’ verso il 5G e che attulmente connette 600mila clienti”.

Ma l’elemento chiave non è solo la configurazione della rete. “La sfida si gioca sui servizi che riescono a fare massa critica – ha detto Sortino – che sono tipicamente quelli relativi alla pubblica sicurezza, alla sanità e alla scuola”.

Alessandro Verrazzani, Head of Regulatory and Institutional Affairs di Eolo ha posto l’accento sulla mission sociale del Fwa. “La strategie Ue relative alla gigabit society hanno come obiettivo quello di coprire tutte le aree urbane in 5G entro il 2025 – ha ricordato – Stesso discorso per i test avviati dal Mise in Italia concentrati in città medio grandi. Ma pensare di realizzare una smart nation senza coprire anche le zone extraurbane non funziona, ecco perché Eolo rilancia sulle ricadute sociali dell’Fwa dove esiste un forte speed divide”.

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