“L’evoluzione del 5G non è un’evoluzione radio, ma una rivoluzione sistemica di piattaforma. C’è un fermento stupefacente con un’accelerazione enorme da parte di grandi cluster economici e politici. E l’Italia non solo è in campo, ma è più avanti del resto d’Europa sul fronte delle sperimentazioni anche grazie al Misa che sta facendo un grande lavoro di abilitazione. Non dobbiamo bruciare questo vantaggio”. Paolo Campoli, head of Global service provider business per l’Italia e Sud-Europa di Cisco, non esita a considerare la corsa italiana al 5G un successo unico in Europa.
Intervistato da CorCom, il senior director del colosso americano sottolinea l’alto livello di attenzione al tema, elencando le grandi sfide tecnologiche che ci attendono e i punti più delicati di una vera e propria rivoluzione. “La grande sfida è non zavorrare questo progresso”, avverte Campoli che cita anche il tema della sicurezza fra le priorità della costruzione delle reti del futuro.
La pista internazionale del 5G è decisamente affollata da imprese e governi. Come si inquadra l’Italia in questo contesto competitivo?
Il 5G è il grande tema del momento e basta fare una ricerca su Google per accorgersene. È stupefacente perché non si tratta di un’innovazione che toccheremo domani. Avremo gli standard nel 2018 e le soluzioni di mercato a partire dal 2020. Eppure c’è un’accelerazione enorme da parte di grandi cluster economici e da parte delle istituzioni politiche in tutto il mondo, dall’Europa all’Asia passando per gli Stati Uniti. Parliamo di una tecnologia che dispiegherà tutto il suo potenziale nei prossimi anni, verosimilmente tra il 2020 e il 2030.
Sarà un fenomeno multidimensionale che trasformerà il mondo dell’Ict e che definirei rivoluzione sistemica. Siamo di fronte a una tempesta perfetta di convergenza delle tecnologie abilitanti, con un’accelerazione molto forte della digitalizzazione dei servizi. Non ci dobbiamo preparare semplicemente a navigare più veloci, ma ad avere a disposizione una piattaforma rivoluzionaria.
Recentemente il sottosegretario del MISE, Antonello Giacomelli, ha definito l’Italia un “apripista europeo sui trial”. Il 5G può essere l’occasione per entrate nel gruppo dei Paesi pionieri dell’innovazione?
Sono molto orgoglioso del ruolo che sta giocando l’Italia e bisogna sottolineare gli sforzi del MISE, perché siamo più avanti del resto d’Europa rispetto alla sperimentazione. Offrire gratuitamente le frequenze per le sperimentazioni è stata una grande mossa. Ha aiutato la creazione di un ecosistema senza mettere vincoli finanziari ma utilizzando regole certe, in attesa dell’asta Agcom prevista entro la fine di marzo 2018. Con lo stop al progetto Socrate di oltre 20 anni fa, abbiamo già sprecato la possibilità di essere i primi in Europa sulla fibra, crediamo che questa volta sia diverso.
In che modo le grandi potenzialità del 5G impatteranno sulle strategie economico-finanziarie in ambito business?
Numerose analisi degli istituti di ricerca prevedono un peso importante dei ricavi 5G da parte del mondo enterprise. I mercati verticali impattati saranno moltissimi, dall’automotive alla sanità. E non mi stupisce che, ad esempiom i consulenti di Lhs arrivino a quantificare la creazione di valore derivante dalla declinazione industriale del 5G nel 5% di tutto il Pil complessivo. Ciò significa che il 5G potrebbe contribuire a circa 200 miliardi di dollari all’anno di crescita globale dal 2020 al 2035. Basterebbe questo dato a capire di cosa stiamo parlando.
Voi avete predisposto un piano d’azione 5G specifico basato sulla Cisco Open Network Architecture, che definite una piattaforma abilitante unificata. Qual è il vostro approccio tecnologico a questa rivoluzione delle telecomunicazioni?
La nostra piattaforma parte dal presupposto che abbiamo già una visibilità di use case in evoluzione, che rappresenta un ottimo punto di partenza. Seguiamo una roadmap 5G che prevede tre fasi. La prima è quella per rendere le reti “5G Ready”, che non significa far sì che la sola parte radio sia pronta, ma sviluppare gli ingredienti tipici del 5G: il disegno della rete in cloud nativo, l’automazione pervasiva e l’adattabilità dei “network slice” ai servizi. Per far questo dobbiamo essere aperti ad ogni tipo di radio, abilitare e non vincolare i servizi e ricordare l’importanza del trasporto IP e in fibra sottostante.
Ci servirà poi la capacità di predisporre Open APIs, in modo che chi scrive le applicazioni sappia di poter pensare alla rete non come un tubo, ma come ad una piattaforma sicura, di qualità e programmabile. Quando dico programmabile mi riferisco al fatto che le nuove tecnologie, dalla radio al data center, avranno una rete virtualizzata e modulare che si auto-adatterà ai servizi. La fetta di rete (slice) utilizzata per il video on demand saprà adattare banda e latenza se ci sarà bisogno di passare al live streaming, quella dedicata al cliente con forte intensità di IOT si adatterà in termini di disponibilità di Mobile Edge Computing e di processing dei dati in periferia. Questo dello “slicing” 5G è un punto caro anche ai regolatori, che stanno pensando a come farne uno stimolo di domanda e competizione.
La sfida ultima riguarda l’immaginare i nuovi servizi ed i nuovi business model, dove l’aggiunta di capacità specifiche nella rete deve abilitare e non zavorrare questo progresso, deve avere regole chiare ma non essere sovra-regolamentata. E trasversalmente a tutto ciò, non dimentichiamo la sicurezza, che dovrà essere assolutamente pervasiva.