IL DIBATTITO NAZIONALE

5G e limiti elettromagnetici, il danno è all’economia non alla salute

Le contraddizioni di una norma che vincola la costruzione di impianti radio e non i telefoni cellulari ai cui campi elettromagnetici è di fatto esposta la stragrande maggioranza della popolazione. Dopo 20 anni di studi, da cui non è emerso alcun impatto sulla salute, si continua a fare leva sulle paure. A danno dello sviluppo e del progresso. L’analisi di Capone e Miragliotta dell’Osservatorio 5G del Politecnico di Milano

Pubblicato il 11 Ago 2023

Antonio Capone

docente di Telecomunicazioni,Osservatorio 5G Politecnico di Milano

Giovanni Miragliotta

docente di Ingegneria gestionale,Osservatorio 5G Politecnico di Milano

5g-1

Il mancato inserimento di norme per l’adeguamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici nel decreto omnibus approvato dal Consiglio dei Ministri nell’ultima riunione prima della pausa estiva ha riacceso il dibattito sul tema. L’Osservatorio 5G & beyond del Politecnico di Milano intende dare il suo contributo per fare chiarezza sulla base delle evidenze scientifiche e delle implicazioni tecniche ed economiche.

5G e salute, le evidenze scientifiche

I rischi da esposizione ai campi elettromagnetici sono oggetto di studio da lungo tempo. L’Icnirp (International Commission for Non-Ionizing Radation Protection) è l’organizzazione scientifica riconosciuta dall’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che si occupa di analizzare criticamente ed in modo sistematico tutti gli studi scientifici in materia e derivarne delle linee guida per la protezione della popolazione. Anche gli studi spesso citati da chi fomenta le paure sui campi elettromagnetici sono stati analizzati dall’Icnirp sulla base del metodo scientifico e della rilevanza statistica dei risultati.

La posizione dell’Icnirp

L’Icnirp ha aggiornato le sue linee guida sui limiti nel 2020, a vent’anni dalla prima versione e alla luce del grande numero di studi recenti e di tutte le possibili tipologie di danni biologici che siano stati scientificamente dimostrati. La nuova versione delle linee guida ha confermato i valori dei limiti raccomandati e ha addirittura rilassato alcune indicazioni circa le medie temporali delle misurazioni con cui devono essere verificati.

La posizione dell’Oms

L’Oms, nel suo rapporto mondiale sul cancro ha confermato, a oltre trent’anni dall’introduzione dei sistemi cellulari, che non ci sono evidenze di aumento dell’incidenza di patologie tumorali attribuibili alla esposizione a campi elettromagnetici entro i limiti raccomandati da Icnirp.

Come funzionano le analisi sui campi elettromagnetici

Per meglio chiarire come ha funzionato su questo aspetto specifico il metodo scientifico occorre considerare che si lavora su due piani paralleli. Da un lato gli studi scientifici valutano i possibili effetti biologici esponendo cellule e organismi animali a diversi livelli di campo per misurare a quale valore si presentano dei danni (soglia di pericolosità) e poi gli organismi come Icnirp applicano dei margini estremamente prudenziali di riduzione dei livelli per definire le raccomandazioni sui limiti di esposizione. In parallelo, organismi come l’Oms analizzano studi epidemiologici sulla popolazione umana per valutare se a esposizioni entro i limiti non ci siano evidenze di aumento di incidenza di patologie. È questo quello che è stato fatto in particolare a partire dagli anni ’90 e a trent’anni di distanza possiamo dire che le evidenze scientifiche sono estremamente rassicuranti circa i rischi da campi elettromagnetici.

Le linee guida internazionali sui limiti e la normativa italiana

I limiti raccomandati dalle linee guida internazionali dipendono dalla frequenza del campo elettromagnetico, ma per quanto rilevante per i sistemi attualmente in uso come 4G e 5G indicano un valore di 61 Volt su metro. L’unità di misura usata è quella del campo elettrico per consuetudine, ma per gli effetti biologici è più significativo riferirsi ad una misura di potenza che indica un limite di 10 Watt su metro quadro. Tale valore è già 50 volte inferiore ai valori ritenuti rischiosi per gli effetti biologici dalle evidenze scientifiche. In Italia, anche se la norma indica più valori, il limite che effettivamente vincola la costruzione di impianti radio è di 6 Volt su metro che corrisponde a 0.1 Watt su metro quadro: in potenza si tratta di un limite 100 volte inferiore rispetto alle linee guida internazionali.

I limiti elettromagnetici in Europa

La quasi totalità dei paesi europei, hanno recepito i limiti raccomandati da Icnirp nella normativa nazionale. Anche paesi che avevano limiti superiori hanno recentemente deciso di adeguarsi. La normativa italiana ha ormai più di vent’anni e tra le motivazioni per limiti inferiori a quelli raccomandati indicava possibili rischi non ancora rilevati dagli studi scientifici; rischi però che, come detto, non sono mai stati provati scientificamente in tutti questi anni di intenso utilizzo delle comunicazioni radio.

Limiti per gli impianti radio e non per i telefoni cellulari?

Un aspetto rilevante della normativa italiana è che vincola solo la costruzione di impianti radio, ma non la commercializzazione di telefoni cellulari che sono prodotti per un mercato internazionale e non sono soggetti ai vincoli più restrittivi italiani. Essendo la stragrande maggioranza della popolazione esposta principalmente ai campi generati dai telefonini più che a quelli delle stazioni radio, la normativa italiana non si traduce di fatto in una maggiore precauzione per gli utenti, ma solo in un vincolo nella costruzione delle infrastrutture di comunicazione.

Conseguenze tecniche ed economiche

Limiti inferiori a quelli di altri paesi con cui ci confrontiamo dal punto di vista economico e della capacità produttiva, come Francia e Germania, si traducono in un handicap nello sviluppo delle applicazioni delle reti come il 5G che giocano un ruolo fondamentale nella trasformazione digitale di molti settori.

Per fare un’analogia, è come cercare di illuminare una città con lampadine 100 volte meno potenti. È certamente possibile metterne di più ma con un costo decisamente superiore e con una maggiore invasività, anche ambientale, dell’infrastruttura. Essendo la capacità di investimento degli operatori italiani comparabile a quella di altri paesi, questo si traduce necessariamente in una infrastruttura meno performante e non in grado di supportare tutti i servizi.

Lo studio Polimi-Asstel: il 62% dei siti italiani è full

In uno studio del Politecnico di Milano svolto in collaborazione con Asstel si è mostrato che il 62% dei siti italiani ha esaurito lo spazio elettromagnetico consentito dai limiti e non consente l’aggiunta di sistemi come il 5G senza modifiche alla struttura della rete.

Uno degli aspetti che si è intrecciato con il dibattito sui limiti di questi giorni è relativo alla concorrenza tra operatori nell’utilizzo delle torri radio gestite da TowerCo e che possono essere condivise solo se c’è dello spazio elettromagnetico consentito dai limiti. È potenzialmente possibile che vengano svolte delle pratiche anticoncorrenziali che impediscano l’accesso alle torri a nuovi operatori con potenze dichiarate maggiori di quelle effettivamente utilizzate. Dal nostro punto di vista indipendente, quello che sembra ragionevole dire è che eventuali pratiche di questo tipo vadano contrastate con strumenti opportuni sfruttando la normativa sulla concorrenza e non intrecciate impropriamente con questioni legate ai limiti che attengono esclusivamente alle evidenze scientifiche di esposizione della popolazione ai campi.

Possibili evoluzioni

Negli ultimi anni governi di tutti i colori politici e anche governi tecnici non sono riusciti a modificare la normativa italiana per adeguarla alle evidenze scientifiche e alle pratiche adottate da altri paesi a noi vicini.

Sondaggi demoscopici recenti dimostrano che anche in Italia le paure legate alla nuova tecnologia del 5G sono fortemente diminuite. L’auspicio è che si riesca finalmente a superare questa anomalia e consentire anche ai processi di trasformazione digitale della struttura produttiva italiana di competere ad armi pari con quella di altri paesi.

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