È la filiera dell’Ict a trainare lo sviluppo dei progetti 5G in Italia. La copertura delle reti non standalone ammonta al 10% – si arriva al 95% con il Dynamic Spectrum Sharing – e gli use case sono ancora troppo pochi. Questo, in sintesi, lo scenario che emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano.
Aumentano le aziende end user con una conoscenza elevata del 5G, una su tre è interessata alla tecnologia. E nella filiera Ict il 43% ha attivato progetti o intende farlo nel prossimo anno. I casi d’uso in Italia sono poco più di una decina fra progetti commerciali, iniziative sviluppate grazie a finanziamenti europei o co-investimenti con le telco, in diversi ambiti, come Smart & Connected Vehicle-Safety (soluzioni per migliorare la sicurezza dei guidatori), Autonomous Vehicle & Smart Road e Remote Monitoring-Distributed Assets. Pochi ma con benefici concreti, evidenzia il Polimi: minori costi di alcuni processi, più produttività, meno emissioni.
Il mercato, dunque, è ancora nella fase “embrionale”, con una filiera in costruzione, anche se sono stati fatti importanti passi avanti rispetto al 2020. In primo luogo – sottolinea l’Osservatorio del Polimi – è aumentata la copertura, che oggi è pari a una decina di punti percentuali in 5G Non Standalone, ossia quella basata su frequenze medie e al 95% della popolazione servita in Dynamic Spectrum Sharing utilizzando quindi, in gran parte, le frequenze 4G. Per il 5G standalone “puro” quello basato sulla core network 5G la strada è invece ancora lunga. In crescita le vendite di terminali 5G e delle sottoscrizioni in abbonamento.
“Fino al 2020 l’attenzione del mercato era concentrata sulle sperimentazioni per testare l’efficacia della tecnologia, mentre ora il focus è sull’identificazione di esigenze concrete che già oggi possono essere soddisfatte con l’attuale livello di sviluppo delle reti 5G – sottolinea Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio 5G & Beyond -. Tali soluzioni consentono di ottenere già dei primi benefici e potranno poi evolvere per valorizzare le caratteristiche distintive della nuova infrastruttura di rete, che consentiranno di ‘fare un salto di qualità’ nei servizi offerti e nei risultati ottenibili. È proprio con questo “spirito” che sono stati lanciati i primi casi commerciali. Sono però ancora pochi, molti Paesi hanno già fatto più che da noi in Italia e in Europa”.
Stando alle rilevazioni del Polimi è cresciuta la conoscenza delle caratteristiche del 5G da parte delle aziende end user, le potenziali utilizzatrici di questa tecnologia: il 30% ha un livello di conoscenza almeno buono, contro il 24% del 2020, e soltanto il 27% non la conosce affatto (era il 48% lo scorso anno). Le imprese dimostrano anche una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dal 5G, con il 34% che lo valuta positivamente e si sta attivando per capire come sfruttarlo (14 punti in più del 2020) e il 30% che dichiara di aver avviato progetti o iniziative pilota nell’ambito o di volerlo fare nel prossimo anno. Importante il ruolo delle imprese della filiera Ict: il 43% ha attivato o intende attivare progetti 5G nei prossimi 12 mesi.
L’Osservatorio ha inoltre censito 98 startup internazionali 5G finanziate fra il 2016 e il 2020 per un totale di 2,2 miliardi di dollari di investimenti raccolti, pari a un finanziamento medio di 26 milioni di dollari. Le principali tecnologie 5G sfruttate sono l’Edge Computing (21% delle startup), seguito dall’Urllc (9%), buono l’interesse anche per l’Open Ran. Tra le tecnologie ancillari, la più esplorata è l’Artificial Intelligence (30%) per offrire servizi alle aziende clienti e l’ottimizzazione della gestione della rete, e l’IoT (28%).
“La sfida tecnologica del 5G si gioca nella capacità di unificare la connettività a livello locale della singola fabbrica e distretto produttivo con quella nazionale e globale” – sottolinea Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio 5G & Beyond -. Quindi l’esistenza di grandi reti pubbliche ad ampia copertura e dalle alte prestazioni è condizione fondamentale perché la rivoluzione del 5G si possa compiere. Per averle servono grandi investimenti che possono sostenersi in larga misura sulla base dei numeri del mercato consumer che non è il palcoscenico su cui ci aspettiamo di vedere grandi novità dal 5G, ma dalla cui salute dipende l’esistenza dell’infrastruttura comune. E proprio perché l’infrastruttura comune è condizione necessaria, dove il mercato non arriva a rendere profittevole l’investimento sarà importante il buon utilizzo dei fondi pubblici”.
Tre le novità architetturali che, secondo il Polimi, spingeranno lo sviluppo del 5G: le tecnologie radio a onde millimetriche (mmWave), le soluzioni di Multi-access Edge Cloud (Mec) e quelle Open Ran (Radio Access Network). Le mmWave combinate con le tecnologie Fwa, permettono di raggiungere le prestazioni della fibra, come picco di downlink e uplink, spiega il Polimi. Le soluzioni Mec consentono di trasformare la rete in una piattaforma di calcolo (quindi non solo connettività) e di avvicinare la distanza tra terminali e server delle applicazioni per ridurre la latenza, ma – evidenzia il Polimi – richiedono forti investimenti da parte degli operatori e, ad oggi, non c’è una richiesta così forte, perciò attualmente sono legate principalmente allo sviluppo di progetti di reti 5G dedicate a siti e distretti industriali. Le soluzioni Open Ran, infine, sono un’architettura che sfrutta la disaggregazione della rete di accesso radio in componenti separate e la possibilità di trasformare la maggior parte di esse in applicazioni software su un hardware generale; esse apriranno a nuove relazioni tra i produttori di apparati e componenti di rete e alla possibilità di implementazioni multi-fornitore.