Niente di fatto sul rialzo dei limiti elettromagnetici. Il Consiglio dei ministri – l’ultimo prima della pausa estiva – ha rinviato la decisione sull’innalzamento dei limiti elettromagnetici. Dopo anni di battaglie, dibattiti e polemiche fomentate dalle fake news – su cui si è peraltro rincarata la dose in fase Covid – doveva essere il giorno della svolta: nella bozza del Decreto Asset circolata nei giorni scorsi era stata messa nero su bianco la misura, stralciata dunque last minute. Il Governo Meloni non si è preso dunque (almeno per ora) la responsabilità politica di una misura che consentirebbe al nostro Paese di accelerare sulla 5G economy.
Cosa è saltato
La bozza circolata nei giorni scorsi prevedeva che entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto i limiti di esposizione attualmente in vigore pari a 6 v/m sarebbero stati “adeguati alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche”, nel rispetto delle regole Ue.
La posizione di Asstel
“Le linee guida internazionali per la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici richiamate dalla raccomandazione del Consiglio europeo 519 del 1999, applicano un fattore di riduzione di ben 50 volte alla potenza elettromagnetica che potrebbe produrre effetti potenzialmente nocivi, e sono quindi già particolarmente cautelative. La normativa italiana applica un ulteriore margine cautelativo di 100 volte, portando complessivamente a 5.000 il fattore di riduzione applicato nel nostro Paese. A causa di tali limiti più stringenti gli operatori italiani sono costretti a creare una rete con una maggiore densità territoriale, comportando costi più elevati, tempi di realizzazione più lunghi e maggiore impatto ambientale (inquinamento visivo, consumo di energia)”, la posizione più volte espressa dall’Asstel.
La posizione di Assoprovider
“Il Governo ha seguito anche le nostre indicazioni. Nei mesi scorsi abbiamo incontrato diversi politici e anche l’Agcom per esporre le nostre forti perplessità su un innalzamento che avrebbe alterato le condizioni del mercato e danneggiato i piccoli e medi operatori di prossimità”, è il commento di Gian Battista Frontera, presidente di Assoprovider.
Nei documenti presentati alle istituzioni e alle authority, l’associazione aveva evidenziato le motivazioni che rendevano rischioso l’innalzamento dei limiti del 5G.
“Molte pmi che lavorano nel settore delle telecomunicazioni, di cui gran parte associate in Assoprovider, hanno realizzato coperture digitali nelle comunità locali digital divise. Se l’intenzione del legislatore sarà quella di favorire lo sviluppo del wireless nelle Tlc, mantenendo comunque i limiti attuali di emissione per le motivazioni sopra ricordate, auspichiamo che lo Stato intervenga sempre con un regolatorio del mercato wholesale, che permetta alle nostre pmi di fornire un valore aggiunto sul mercato in ogni parte del Paese. Attivando, per esempio, un mercato wholesale disaggregato che vedrebbe anche la nascita di ulteriori aziende e, conseguentemente, un aumento occupazionale”.
Il cammino dell’Italia
La raccomandazione del Consiglio europeo 519 del 1999 fissa a 61 volt per metro il limite massimo per le emissioni dei ripetitori della telefonia cellulare. L’Italia, con la legge quadro 36 del 2001 e il Dpcm dell’8 luglio del 2003, ha fissato un limite molto più basso, a 6 volt per metro. Nell’Unione europea, 12 paesi (Portogallo, Spagna, Francia, Irlanda, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Finlandia, Estonia, Cipro) hanno seguito le raccomandazioni della Ue e hanno fissato il limite a 61 v/m. Cinque stati non hanno fissato limiti o li hanno fissati più alti delle raccomandazioni Ue (Olanda, Danimarca, Svezia, Lettonia, Austria). Otto paesi hanno posto limiti più stretti rispetto alle indicazioni europee (Italia, Belgio, Slovenia, Croazia, Grecia, Bulgaria, Polonia, Lituania).
Ma non si placano le polemiche
L’innalzamento dei limiti sarebbe “una scelta pericolosa da parte del governo, poiché per digitalizzare l’Italia bastano gli attuali 6 V/m”, dichiara Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs. ”Non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze – aggiunge Bonelli – se non quello economico, da parte delle società di telecomunicazioni che, dopo aver acquistato dallo Stato le licenze per il 5G, vogliono risparmiare sugli investimenti delle infrastrutture. Il decreto del governo Meloni risponde esclusivamente agli interessi delle grandi compagnie delle telecomunicazioni, ma si rivela potenzialmente pericoloso per la salute della popolazione”. Le dichiarazioni di Bonelli non sono però supportate da alcuna evidenza scientifica riguardo ai rischi per la salute dei cittadini considerato che l’Organizzazione mondiale per la sanità (fra gli altri) non ha evidenziato finora alcun pericolo particolare al confronto con le generazioni mobili precedenti. Dichiarazioni dunque che continuano ad alimentare le paure e anche a frenare l’innovazione in particolare a livello di piccoli Comuni dove le “resistenze” si fanno più forti e diventano spesso e volentieri casi meramente politici con gravi conseguenze sullo sviluppo economico dei territori. Ci si chiede peraltro se coloro che si oppongono all’innalzamento dei limiti siano altrettanto “rigidi” riguardo all’acquisto di smartphone 5G e al relativo utilizzo.