“Il 5G è l’infrastruttura strategica per la digital transformation dell’Europa: ora non ripetiamo gli errori commessi col 4G”: lo dice Roberto Viola Direttore generale della Dg Connect alla Commissione Ue a Corcom. “La concorrenza è alta, dunque serve una disponibilità tempestiva e coordinata dello spettro”. L’Europa si sta dando da fare. E positive fin qui le mosse del nostro Paese, “ma ora proceda con convizione alla riorganizzazione della banda Uhf”.
Il Mobile World Congress sta ormai decretando la centralità del 5G: l’Europa è al passo? Cosa può fare per non perdere terreno su questo fronte rispetto alle altri grandi potenze?
Il 5G è un’infrastruttura strategica per l’Europa ed è la base per una trasformazione digitale europea della nostra società. Per avere successo non dobbiamo replicare gli errori del 4G, dove i ritardi hanno impedito di sfruttarne appieno i vantaggi, ma è necessaria una disponibilità tempestiva e coordinata dello spettro a livello europeo. I negoziati sul Codice delle Comunicazioni vanno in questa direzione. La scorsa settimana il Consiglio ed il Parlamento si sono accordati per la disponibilità dello spettro radio per le reti 5G entro il 2020, vent’anni di durata minima per le licenze, il coordinamento rafforzato e la verifica comune delle procedure di assegnazione.
Non dobbiamo dimenticare che la concorrenza a livello mondiale è alta e per questo l’infrastruttura 5G in Europa deve essere implementata il prima possibile. Regioni come gli Stati Uniti e la Corea sono ben avanzate e l’Europa deve stare al passo.
Una rapida sperimentazione rappresenta un’opportunità per lanciare il 5G. L’Ue dal canto suo sta dando vita a partenariati pubblico-privati, con un budget di 200 milioni di euro. I test saranno principalmente relativi alla guida connessa e automatizzata ed a settori verticali come la salute, l’energia e i media.
In breve l’UE si sta dando da fare. Seguiremo da vicino questi progressi e siamo pronti, se necessario, a metter in atto nuove iniziative.
Uno dei nodi centrali, ma forse IL nodo centrale per la sua realizzazione è un efficiente assetto frequenziale: a che punto è l’Europa?
Abbiamo identificato quali bande di frequenze verranno usate per il 5G – l’RSPG (Gruppo per la Politica dello Spettro Radio n.d.r.) ha adottato a questo proposito la sua seconda Opinione sulle reti 5G il 30 gennaio scorso. Nell’ambito del nuovo Codice abbiamo fissato le scadenze entro le quali gli Stati Membri devono permettere agli operatori interessati di avere accesso allo spettro e abbiamo posto le condizioni per una futura gestione dello spettro più flessibile ed efficiente. La scorsa settimana, come ho detto, è stato trovato un accordo su tale ambiziosa riforma. Adesso tocca agli Stati Membri fare in modo che le procedure di assegnazione prevedano condizioni che favoriscono gli investimenti in modo da promuovere un’ampia diffusione del 5G. Da parte nostra, seguiremo il processo da vicino attraverso il nostro “Osservatorio 5G”.
L’Italia ha messo in Finanziaria l’architettura della grande riforma delle frequenze che dovrà essere affrontata: pensa che sia stata imboccata la strada giusta? E perché?
Certamente, un passo importante che va nella direzione giusta. Per garantire lo sviluppo del 5G, è necessario mettere sul mercato un’adeguata quantità di spettro che sia immediatamente utilizzabile dagli operatori. La prossima asta è sicuramente un passo fondamentale in questo senso. È anche molto importante porre le condizioni appropriate per favorire progetti innovativi e sperimentazioni pre-commerciali, come sta facendo l’Italia con i progetti 5G lanciati nel 2017. Tuttavia l’Italia ha anche bisogno di procedere con convinzione al processo di riorganizzazione della banda UHF.
Il nostro Paese è stato finora l’unico a concepire una gara per tutte le bande identificate come pioniere dall’Europa. Come vede questo tipo di operazione? Pensa possa portare vantaggi agli operatori o al contrario penalizzarli?
Lo spettro radio non va tenuto nel cassetto. Le 3 bande pioniere costituiscono il mix appropriato di spettro a basse, medie e alte frequenze necessario per permettere la fornitura di tutta la gamma di servizi 5G che si possono prevedere al momento: Internet delle cose e accesso di base alla banda larga nella banda a 700 MHz, servizi che richiedono alta capacità e banda ultra-larga negli hot spots, e in aree urbane nella banda a 26 GHz, e servizi quali la guida automatizzata in una banda a 3.6 GHz riorganizzata e deframmentata. In questo quadro le tre bande pioniere devono essere messe a disposizione per il 5G nello stesso arco di tempo e in tutti gli Stati Membri perché possano beneficiarne non solo gli operatori di telecomunicazioni, ma anche molti altri attori del mercato (in particolare quelli comunemente chiamati “verticals”) e in ultima istanza tutta la società.
Gli operatori chiedono cap bassi e pacchetti piccoli di frequenze, a gara: quali sono le “stelle polari” da tenere in considerazione, anche per evitare quel rischio frammentazione che l’Europa vuole scongiurare?
L’Agcom ha una grande esperienza e sono sicuro che terrà in conto gli orientamenti in sede europea e il feedback da parte del mercato.
Il riassetto delle frequenze che l’Italia ha appena intrapreso passerà da un poderoso switch off che impatterà anche sui consumatori televisivi: come vede la soluzione adottata, con un passaggio “dolce” al T2 (solo dal 2022)?
Seguiamo da vicino la situazione e gli effetti della nuova normativa. C’è di positivo che il coordinamento transfrontaliero con i paesi confinanti è stato concluso con successo, a quanto risulta dai “buoni uffici” dell’RSPG. Quindi la prima tappa intermedia è stata raggiunta e vorrei incoraggiare le autorità italiane a rendere pubblico il loro piano d’azione entro la metà di quest’anno, come stabilito dalla Decisione europea sulla banda UHF. Quando il piano d’azione sarà noto, avremo un quadro più definito, incluse le modalità di passaggio al sistema T2.