LA DECISIONE

5G, stretta dell’Europa sulle tecnologie cinesi: “Rischi per la sicurezza”

Le misure riguarderanno Huawei e Zte. La Commissione Ue chiede agli Stati membri di limitare o escludere le due società compreso l’accesso a finanziamenti e invita all’adozione del Toolbox adottato. Pechino non ci sta: “L’Europa rispetti le regole del commercio internazionale”. E le due aziende chiedono un trattamento equo e non discriminatorie. Intanto il chipmaker statunitense Micron annuncia un investimento da 600 milioni di dollari in Cina

Pubblicato il 16 Giu 2023

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“La Commissione europea applicherà i principi del toolbox 5G” adottato dal Nis Cooperation Group, le raccomandazioni pubblicate nel 2020 sugli operatori ad alto rischio, “al proprio appalto di servizi di telecomunicazione, per evitare l’esposizione a Huawei e Zte“. Lo ha annunciato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, nel corso di una conferenza stampa. Bruxelles “ritiene che Huawei e Zte presentino rischi materialmente più elevati rispetto ad altri fornitori di 5G“.

La notizia è stata rilanciata anche da un tweet della vice presidente della Commissione europea, Margrethe Vestager. “Oggi gli Stati membri riferiscono sulla sicurezza del 5G. La Commissione ritiene che le restrizioni adottate su Huawei e Zte siano giustificate e conformi agli strumenti Ue. La Commissione restringerà per questi fornitori i nostri servizi di connettività e gli strumenti di finanziamento della Ue”.

LEGGI IL DOCUMENTO

Le reti 5G sono infrastrutture critiche

La sicurezza delle reti 5G è essenziale”, ha rimarcato Breton. “Si tratta di infrastrutture critiche di per sé e per altri settori che dipendono da esse, come l’energia, i trasporti, la sanità e la finanza. Siamo stati in grado di ridurre o eliminare le nostre dipendenze in altri settori, come quello energetico, in tempi record, quando molti pensavano che fosse impossibile”, ha dichiarato Breton. “La situazione con il 5G non dovrebbe essere diversa: non possiamo permetterci di mantenere dipendenze critiche che potrebbero diventare un’arma contro i nostri interessi. Sarebbe una vulnerabilità troppo grave per la nostra sicurezza comune. Invito quindi tutti gli Stati membri dell’Ue e gli operatori di telecomunicazioni ad adottare le misure necessarie senza ulteriori ritardi”, ha esortato Breton parlando della decisione presa dagli Stati membri con il sostegno dell’Enisa, l’Agenzia dell’Ue per la sicurezza informatica.

Dieci stati membri hanno imposto restrizioni e tre stati membri stanno attualmente lavorando all’attuazione della pertinente legislazione nazionale. Data l’importanza dell’infrastruttura di connettività per l’economia digitale e la dipendenza di molti servizi critici dalle reti 5G, tutti gli stati membri dovrebbero realizzare senza indugio l’attuazione del pacchetto di strumenti”. In sostanza, tutti gli stati dovrebbero seguire la strada tracciata dai dieci casi considerati virtuosi.

La risposta di Huawei

Huawei si oppone fermamente ed è in disaccordo con i commenti fatti dai rappresentanti della Commissione Europea. “È evidente che questi non si basano su valutazioni verificate, trasparenti, obiettive e tecniche delle reti 5G – spiega una nota – Allo stesso tempo, Huawei comprende la preoccupazione della Commissione europea di proteggere la sicurezza informatica all’interno dell’Ue. Tuttavia, restrizioni o esclusioni basate su giudizi discriminatori comporteranno seri rischi economici e sociali, ostacolerebbero l’innovazione e porterebbero distorsioni nel mercato dell’Ue”.

Huawei cita un rapporto di Oxford Economics secondo cui l’esclusione di Huawei potrebbe comportare un aumento dei costi degli investimenti nel 5G fino a decine di miliardi di euro, “e a pagarli saranno i consumatori europei”, avverte l’azienda.

Inoltre, secondo Huawei, individuare pubblicamente una singola entità come “Hrv” (High Risk Vendor) senza una base legale è un’azione contraria ai principi del libero commercio. “È di fondamentale importanza sottolineare che la valutazione discriminatoria dell'”Hrv” non deve essere applicata a nessuna azienda senza una procedura giustificata e un’adeguata audizione – evidenzia Huawei – In qualità di operatore economico nell’Unione Europea, Huawei gode di diritti procedurali e sostanziali, e dovrebbe essere tutelata dalle leggi dell’Ue e degli Stati membri, nonché dai loro impegni internazionali”.

“La sicurezza informatica è la principale priorità di Huawei. La nostra azienda ha a disposizione un Cyber Security Transparency Centre a Bruxelles. Questo centro è aperto ai clienti e alle organizzazioni che operano test indipendenti. Queste realtà sono invitate a eseguire test e verifiche di sicurezza equi, oggettivi e indipendenti, secondo gli standard e le best practice di sicurezza informatica riconosciuti dal settore – conclude la nota – Continuiamo a impegnarci nel fornire prodotti e servizi certificati e affidabili a livello globale, in grado di connettere milioni di europei”.

La risposta di Zte

In una nota inviata a CorCom, Zte rende noto che “le azioni proposte dalla Commissione non sembrano basarsi su alcuna preoccupazione specifica e articolata. Zte concorda fortemente sul fatto che la sicurezza delle reti 5G negli Stati membri dell’Ue sia di importanza fondamentale. I prodotti di Zte sono sicuri e conformi a tutti gli standard tecnici e normativi degli Stati membri. Finora non è stata presentata alcuna prova che suggerisca il contrario. Chiediamo di essere trattati in modo equo e obiettivo dalle autorità di regolamentazione e dai legislatori come qualsiasi altro fornitore. Zte rimane impegnata nell’apertura e nella trasparenza e accogliamo con favore la valutazione e l’esame esterno dei nostri prodotti da parte delle autorità di regolamentazione e degli organi di vigilanza tecnica in qualsiasi momento”.

Ma Pechino ribadisce che non c’è alcuna prova di rischio per la sicurezza

La risposta del governo cinese non si è fatta attendere: “L’Unione europea rispetti le regole del commercio e non attacchi le compagnie cinesi come Huawei e Zte con la scusa della sicurezza”, così il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella quotidiana conferenza stampa a Pechino. “La Commissione europea continua a sostenere che Huawei, Zte e altre società di Tlc cinesi presentano rischi per la sicurezza, ma non possono produrre alcuna prova. Questa è una tipica presunzione di colpevolezza e la Cina vi si oppone fermamente”, ha aggiunto Wang Wenbin, sottolineando come Huawei e Zte operino in Europa da molti anni “e, non solo non hanno mai messo in pericolo la sicurezza europea, ma hanno anche promosso con forza lo sviluppo del settore delle telecomunicazioni europeo e creato notevoli benefici economici e sociali“.

La Commissione europea – ha continuato il portavoce – ha designato pubblicamente i fornitori cinesi come compagnie “ad alto rischio senza basi legali e prove fattuali, il che viola lo spirito della legge ed è anche una flagrante violazione dei principi dell’economia di mercato, del libero scambio e della concorrenza leale che l’Unione europea ha sempre sbandierato”.

Wang ha esortato quindi l’Ue “a rispettare le regole economiche e commerciali internazionali, per evitare la politicizzazione, e ad astenersi dal sopprimere le società di altri paesi in nome della sicurezza”.

Chip, Micron annuncia un investimento da 600 milioni in Cina

Intanto il produttore statunitense di chip di memoria Micron annuncia un investimento da 4,3 miliardi di yuan (603 milioni di dollari) nel suo stabilimento in Cina, ribadendo la propria determinazione a mantenere ed accrescere la presenza in quel Paese nonostante le restrizioni imposte dagli Stati Uniti nel comparto dei semiconduttori. L’investimento annunciato da Micron verrà effettuato nel corso dei prossimi anni e servirà ad ampliare lo stabilimento che l’azienda già opera nella città cinese di Xi’an.

Il mese scorso proprio Micron è stata bersaglio di restrizioni imposte dalle autorità cinesi, che hanno proibito la vendita nel Paese di alcuni dei chip prodotti dall’azienda statunitense. Le restrizioni imposte a Micron sono l’ultimo sviluppo dello scontro per il primato tecnologico tra le due maggiori potenze mondiali. A partire dallo scorso autunno, le autorità di Washington hanno imposto una serie di restrizioni all’esportazione di tecnologie per la produzione di semiconduttori in Cina e, in particolare, ad alcune aziende accusate di avere stretti legami con le forze armate, tra le quali la Yangtze Memory Technologies. Il mese scorso, l’Amministrazione cinese del cyberspazio (Cac) ha ordinato alle compagnie che operano nelle “infrastrutture digitali critiche” di non rifornirsi più dalla statunitense Micron, paventando “significativi rischi” per la sicurezza nazionale.

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