In un incontro di due giorni a Praga che ha visto partecipare 30 paesi europei, i membri della Nato e paesi come Stati Uniti, Giappone e Australia, sono state messe giù le linee guida per un insieme di politiche di sicurezza e misure di gestione delle reti 5G. Niente firma dell’atto conclusivo, però, perché non si è finito ancora di discutere. Ma la direzione è comunque chiara.
Per gli Stati Uniti, infatti, anche se non sono stati fatti nomi dei fornitori, è chiaro che deve essere deciso da tutti i paesi alleati un insieme di norme per limitare il ruolo dei fornitori cinesi di apparecchiature di rete per le telecomunicazioni. “Il rischio globale – è scritto nel testo finale della due giorni riferisce l’agenzia Reuters- di influenza su un singolo fornitore da parte di un paese terzo dovrebbe essere preso in considerazione”. La dichiarazione non fa esplicitamente nessun nome e non è vincolante i partecipanti. È però una parte del percorso per riuscire ad arrivare al risultato di una visione, di una politica e di una serie di pratiche anche di sicurezza comuni a tutti i paesi occidentali e ai loro alleati. C’è però un nodo che ha rallentato sostanzialmente la chiusura del lavoro.
Secondo Reuters infatti fonti diplomatiche all’interno della conferenza avrebbero confermato che i Paesi partecipanti non erano pronti a firmare alcun documento vincolante perché non si sono ancora concluse le discussioni sul problema di Huawei. Per questo, spiegano le fonti, si è cercato di andare avanti mettendo assieme tutto quello su cui si era d’accordo: “Sarebbe veramente un peccato se dovesse venire fuori che questo è stato un evento unico”, ha dichiarato l’ambasciatore giapponese Masato Ohtaka. All’evento non hanno partecipato – né erano state invitate – la Cina o Huawei.
I membri dell’Ue hanno tempo fino alla fine di giugno per valutare i rischi di cybersicurezza legati al 5G, per arrivare a una decisione comune entro il primo di ottobre. Partendo da questo, i paesi dell’Ue dovrebbero quindi concordare delle misure per mitigare i rischi entro la fine dell’anno. Huawei ha già dichiarato di essere pronta a lavorare con i regolatori e le altre parti interessate alla creazione di regole efficaci.
“Ci pare un segnale positivo – si legge in una nota dell’azienda – l’enfasi posta sull’importanza della ricerca e dello sviluppo, sui mercati aperti e sulla concorrenza, ma vorremmo esortare i responsabili politici ad evitare misure che aumenterebbero burocrazia e costi, limitando così i benefici che il 5G può portare. Mentre l’UE continua le sue deliberazioni, crediamo fermamente che qualsiasi futuro principio di sicurezza dovrebbe essere basato su fatti verificabili e dati tecnici”.
Il documento finale del gruppo di Praga esamina l’impatto del 5G su politica, tecnologia, economia e sicurezza, con raccomandazioni generali su come meglio mitigare i potenziali rischi. “Tutte le parti interessate – si legge nel documento, riportato da Reuters – inclusa l’industria dovrebbero collaborare per promuovere la sicurezza e la resilienza delle reti infrastrutturali critiche nazionali, dei sistemi e dei dispositivi connessi”.
Il problema di sicurezza è cruciale a causa del ruolo di primo piano delle reti 5G praticamente in tutto quello che si dovrà connettere a Internet: dalle auto a guida automatica alle città intelligenti, alla realtà aumentata e all’intelligenza artificiale. Se la tecnologia sottostante è vulnerabile, potrebbe consentire agli hacker di sfruttare tali prodotti per spiare o peggio. Adesso l’Europa è in buona sostanza il principale campo di battaglia attorno alla tecnologia di Huawei, scrive Reuters. È infatti l’Europa l’area geopolitica dove quest’anno si preparano le aste per le licenze 5G. I Paesi interessati sono Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Paesi Bassi, Lituania e Portogallo.