FREQUENZE

Asta 5G in Senato, ecco in dettaglio incasso e costi

Pronto per l’esame parlamentare il testo dell’articolo 89 del disegno di legge. Tempi stringati per la gara che dovrà fruttare almeno 2,5 miliardi. Circa 500 i milioni previsti per emittenti nazionali, locali e decoder

Pubblicato il 30 Ott 2017

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Arriveranno entro il 30 settembre 2018 i primi 1.25 miliardi provenienti dalla maxi-asta sulle frequenze destinate al 5G. Lo conferma la bozza “bollinata” dell’articolo 89 del disegno di legge di Bilancio 2018, che arriva domani in Senato. Le altre tranche ammontano a 50 milioni nel 2019, 300 nel 2020, 150 nel 2021 e la restante quota – non inferiore a 750 milioni – nel 2022.  Sono queste le “rate” che gli operatori Tlc dovranno versare per le frequenze in banda 700Mhz (694-790 MHz) e per le cosiddette pioniere: 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz. Lo Stato italiano fissa un prezzo “di riserva”, 2,5 miliardi: al di sotto non si scende, o si dovrà ricorrere nel 2022 a una “manovrina finanziaria” (articolo 17, comma 12-bis, legge 31 dicembre 2009, n. 196). Ma in realtà si punta più in alto: 3,5 e, ottimisticamente, 4 miliardi.

Scomparsa definitiva, alla voce “costi”, della determinazione in percentuale (inizialmente era stato previsto il 25, poi il 30%) dei ricavi d’asta: significa che i costi non aumenteranno all’aumento eventuale del gettito d’asta. In particolare vengono riservati, tranne revisione, circa 250 milioni agli operatori Tv a titolo di misure compensative a fronte dei costi di adeguamenti degli impianti di trasmissione. Alle locali circa 300 milioni per la rottamazione delle frequenze che dovranno abbandonare. E circa 100 milioni come contributo per i costi a carico degli utenti finali per l’acquisto di aparecchiature di ricezione televisiva (leggi decoder).

La stima del governo è più che prudente considerato quanto realizzato dall’asta con cui la Francia, vendendo all’asta solo le frequenze in banda 700 Mhz, ha realizzato 2,5 miliardi. Del resto stanno già iniziando le manifestazioni d’interesse da parte delle telco finora chiuse in un prudente silenzio: l’ad di Vodafone Aldo Bisio ha annunciato che l’azienda parteciperà alla gara “per vincere”. Attesa anche per il punto interrogativo rappresentato dall’eventuale partecipazione di nuovi entranti, come Iliad (nei mesi scorsi ha manifestato interesse) che potrebbe ambire a un ingresso nei 3,6-3,8 Mhz – fascia particolarmente indicata per il 5G – su cui potrebbe concentrarsi anche l’ambizione, oltre che dei “maxi-operatori” come Telecom e la già citata Vodafone, anche di Open Fiber. Il successo dell’asta dipenderà dalle procedure di gara: in quanti blocchi verrà suddiviso il “bottino” da mettere all’asta? Tema più che controverso da molti punti di vista: economico (sia per le telco partecipanti sia per l’incasso per lo Stato), tecnologico (l’Itu ha ripetutamente parlato di maggior efficienza in caso di blocchi da almeno 100Mhz contigui): una matassa che toccherà ad Agcom sbrogliare con l’istruzione delle procedure di gara.

Svolta in vista per gli impianti Rai: nella nuova riorganizzazione dello spazio spettrale le frequenze in Vhf saranno destinate a un multiplex televisivo, destinato a regime a valorizzare la capacità Rai trasportado i canali regionali e le Tv locali. L’operazione di “ottimizzazione” consentirà di sfruttare al meglio i canali della banda VHF.

Prendono corpo gli enti che avranno il compito di gestire il complicato processo di switch-off delle frequenze correlato alla realizzazione della gara: Il ministero si avvarrà della collaborazione della Fondazione Ugo Bordoni, in qualità di proprio soggetto in house, e istituisce un’apposita task force avvalendosi anche di personale fino a 5 unita in posizione di comando proveniente da altre pubbliche amministrazioni, comprese le autorità indipendenti.

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