Italia e 5G, un matrimonio che non s’ha da fare. Almeno a giudicare dai paletti, in continua crescita che le amministrazioni pubbliche continuano a mettere sulla strada delle nuove reti. Il tutto mentre aumenta l’esigenza di connettività dei cittadini sull’onda dell’emergenza pandemica e mentre l’Europa destina alla realizzazione delle nuove reti buona parte delle risorse per i piani di resilienza considerati gli enormi benefici in termini economici e di ripresa derivanti dalla infrastrutturazione ultrabroadband fissa e mobile.
Dopo il divieto di installazione di un’antenna in quel di Carrega Ligure, causa “oscuramento della vista del cimitero” è la Regione Emilia-Romagna l’ultima, in ordine temporale, a intervenire con misure stringenti quanto incomprensibili: nei giorni scorsi è stata approvata all’unanimità una risoluzione presentata dalla consigliera regionale del M5s, Silvia Piccinini, ed emendata da Nadia Rossi (Pd), in cui si chiede alla Giunta di impegnarsi a controllare e ridurre l’impatto delle radiofrequenze 5G e a predisporre una campagna informativa istituzionale sugli effetti delle onde radio sulla salute e sull’uso corretto degli apparecchi wireless.
“La risoluzione nasce dal confronto con persone particolarmente sofferenti per l’esposizione alle radiofrequenze. Non sono dei no 5G, ma cittadini particolarmente sensibili all’elettrosmog, i quali, sono convinta, apprezzeranno i passi avanti compiuti con questa risoluzione”, ha spiegato Piccinini. Dunque non è la scienza a guidare l’iniziativa ma la “sofferenza” dei cittadini sulla quale si fa leva di fatto per acquisire consensi. E la dem Nadia Rossi non è da meno: “Il principio di cautela è testimoniato anche dall’azione che la Regione vuole compiere sulla cablatura delle scuole. E uguale attenzione verrà posta per l’installazione delle antenne in prossimità di aree come castelli, zone archeologiche, siti monumentali e di pregio”. In poche parole, afferma Rossi, “abbiamo ribadito come l’Emilia-Romagna sia particolarmente vigile sul tema del 5G”.
Ad aggiungersi al coro anche la verde Silvia Zamboni secondo la quale il 5G è “una tecnologia che viene applicata senza un’adeguata sperimentazione” e che chiede anche “una campagna istituzionale rivolta ai più giovani, per educare a un uso corretto dei vari dispositivi”. Infine, Giuseppe Paruolo del Pd richiama la necessità di tornare allo spirito della legge regionale del 2000 sull’elettrosmog, che permise a enti locali e cittadini di individuare insieme “i luoghi migliori in cui posizionare le antenne, avendo sempre ben presenti le esigenze di salute pubblica”.