Ogni passaggio tecnologico riguardante la tecnologia mobile comporta notevoli investimenti per gli operatori che sperano di compensare con ricavi aggiuntivi.
Dal 2G, che ha segnato il passaggio dall’analogico al digitale, al 4G+, ogni evoluzione è sostenuta sul fronte clienti dalla necessità di avere maggiore velocità di connessione mentre, lato operatori, dall’incremento di efficienza spettrale.
In tutto questo, è stato necessario concentrare gli investimenti in aree maggiormente redditizie a discapito di altre più marginali.
È questo che ha portato alla nascita del digital divide: zone urbane con soddisfacenti infrastrutture di accesso e zone rurali/suburbane con scarsa/insoddisfacente offerta tecnologica sia mobile che fissa.
Per poter colmare questo gap, nei primi anni Duemila sono emerse tecnologie “alternative”, riassumibili in una categoria chiamata “ponte”. Si tratta del fixed wireless che ha preso piede grazie alla liberalizzazione di un blocco di spettro radio all’interno dei 5GHz. Dal 2004 si sono affacciati sul mercato piccoli operatori che, attivi in aree geografiche mediamente piccole, con investimenti non particolarmente elevati e strutture snelle, hanno offerto servizi di accesso in territori in digital divide.
Il 2007 in Italia segna la svolta: viene messa a gara una porzione di spettro liberata da utilizzi governativi: la banda 42 (3.4-3.6GHz).
Aria, Linkem e Telecom Italia sono stati i principali aggiudicatari di queste frequenze utili, all’epoca tramite tecnologia WiMax (3G), a fornire accesso fixed-wireless e contribuendo nel giro di pochi anni a ridurre il digital divide.
Il nodo è che se gli operatori mobili, grazie agli ingenti investimenti in licenze, hanno la possibilità di utilizzare frequenze “pregiate”, gli operatori fixed wireless “liberi” hanno bisogno di installare i dispositivi radio dei propri clienti in linea di vista con l’antenna irradiante.
In più non hanno l’esclusiva nell’utilizzo dello spettro e perciò non riescono a garantire a priori le performances, dovendo gestire interferenze reciproche.
Altro punto dolente, le frequenze sono state assegnate in maniera estremamente onerosa, obbligando tra l’altro gli operatori aggiudicatari a coprire moltissime aree a fallimento di mercato, pena il ritiro delle frequenze stesse.
A questo si aggiunga che ci sono norme poco chiare sull’utilizzo di frequenze per scopi differenti da quelli dell’accesso cliente.
In questo difficile contesto, lo standard WiMax fatica a trovare un ecosistema numericamente valido a livello mondiale mentre i costi degli investimenti e di gestione restano estremamente alti.
Nonostante ciò, gli operatori WiMax, specie in Italia, riescono a resistere nel mercato puntando sul futuro e sull’evoluzione tecnologica che avviene a fine anni 2000 con l’introduzione del 4G (LTE) e del 4.5G (LTE Advanced).
Il mondo fixed wireless, grazie all’LTE advanced e agli investimenti incrementali, aumenta la sua penetrazione nel mercato e si pone, tra l’altro, come campo di prova di una serie di tecnologie propedeutiche al 5G (Beamforming, MIMO, riuso frequenziale, e così via).
Col passaggio al 5G gli operatori si mostrano per la prima volta scettici sul modello di business tradizionale. Gli investimenti sia mobili che fixed wireless sostenuti per il passaggio a LTE+ sono recentissimi ed il solo aumento di velocità non sarebbe sufficiente a giustificare il modello economico.
In secondo luogo, la vera trasformazione del 5G riguarderà soprattutto la capacità di connettere dispositivi tra di loro ma non potrà essere valutata indipendentemente dalle frequenze utilizzate dagli operatori.
Se le frequenze sotto il GigaHertz permetteranno di connettere devices indoor in ambito smart city, questo non potrà essere garantito dalle frequenze intermedie (vedi 3.4-3.8 GigaHertz), che saranno invece sempre più utili per fixed wireless e strumenti outdoor.
È, quindi, fuorviante parlare di 5G in maniera generica senza considerare i servizi differenziati rispetto alle frequenze. Il successo dipenderà infatti dalla capacità di creare differenti “layer” di servizi.