Huawei alza la posta nella corsa alla leadership tecnologica nel 5G: il colosso cinese delle telecomunicazioni ha fatto sapere che aumenterà la sua spesa annuale in ricerca e sviluppo (R&D) a 15-20 miliardi di dollari.
Huawei aveva in precedenza indicato che avrebbe portato nel 2018 il livello annuale degli investimenti in ricerca e sviluppo tra i 10 e i 20 miliardi di dollari annui ma ha corretto al rialzo la cifra inferiore della forchetta. Nel 2017 il colosso cinese ha speso 89,7 miliardi di yuan in R&D, circa 13,23 miliardi di dollari, pari al 14,9% del suo fatturato totale.
Huawei dedicherà il 20-30% dell’investimento annuale in R&D alla ricerca scientifica di base, un netto rialzo rispetto al precedente impegno del 10%. Il colosso cinese degli smartphone e delle attrezzature di rete ha anche riferito che il 45% del suo personale complessivo (circa 80.000 dipendenti) lavora nell’R&D. L’azienda imporrà diritti d’uso a tariffe “eque e ragionevoli” (Frand) sulla sua proprietà intellettuale 5G per agevolare e accelerare il roll-out della nuova tecnologia mobile, per la quale si aspetta l’adozione di larga scala nel 2020. Gli analisti sentiti da Reuters affermano che le aziende cinesi, con Huawei in testa, si aggiudicheranno il 10% dei brevetti essenziali per il 5G, una quota superiore a quanto siano riuscite a fare con i precedenti standard mobili 3G e 4G.
Huawei è tra le aziende globali che investono di più in R&D. Negli Stati Uniti sono Amazon e Alphabet i gruppi che più spendono per la ricerca e sviluppo, rispettivamente 22,6 miliardi di dollari e 16,6 miliardi di dollai nel 2017, secondo le cifre riportate da Factset.
Per il vendor cinese l’incremento di spesa in R&D non è solo un modo per acquisire un saldo vantaggio nelle tecnologie 5G e dotarsi di un redditizio bacino di brevetti, ma una risposta alle pressioni che arrivano dai paesi occidentali – soprattutto Usa e Uk – dove Huawei è stata accusata di porre rischi alla sicurezza nazionale con le sue tecnologie di rete. La scorsa settimana uno studio del governo britannico ha puntato il dito contro “problemi tecnici e di supply chain” con le attrezzature di rete di Huawei che esporrebbero le reti di telecomunicazione del paese a rischi di sicurezza, ribaltando precedenti report di Londra che davano l’ok alle tecnologie del vendor. Intanto sia l’Australia che gli Stati Uniti si stanno muovendo per tenere Huawei fuori dalle gare per il 5G: una fetta consistente della classe politica pensa che le sue attrezzature di rete favoriscano lo spionaggio di Pechino – accuse che Huawei ha ogni volta respinto.
Molti analisti leggono nella recente guerra commerciale Usa-Cina innescata da Donald Trump un’escalation che nasconde l’obiettivo ultimo di acquisire il dominio nel 5G. La nuova tecnologia mobile consentirà la costruzione di autostrade digitali ad altissime prestazioni e la conseguente abilitazione di Internet of things, auto smart, telechirurgia, sostenuta da miliardi di dispositivi connessi a Internet. Il 5G potrebbe essere la chiave per la strategia America First di Trump ma anche per l’ambizione cinese di detenere la leadership dell’intelligenza artificiale entro il 2030. Aziende cinesi di apparati – Zte e Huawei – e aziende europee come Nokia ed Ericsson sono lanciate in corsa che coinvolge anche i chipmaker statunitensi come Qualcomm e Intel. E’ qui, secondo Declan Ganley Ceo della technology company Rivada Networks, che si gioca la partita che deciderà chi detterà le regole “sul modello, l’architettura e l’agenda del 5G: chi vincerà avrà il controllo del ‘blue ocean’ della tecnologia (per Blue Ocean si intende un mercato con ancora zero o pochissima competizione, ndr). C’è in ballo un grande gioco strategico” e un mercato che si prevede possa valere 12 trilioni di dollari nel 2035.