L'INDICATORE

Italia digitale, ecco perché l’indice Desi va rivisto

Il roll out delle reti mobili deve essere centrale nella valutazione delle performance dei singoli Stati. Le riflessioni di Guido Ponte, responsabile Economic Studies di Tim

Pubblicato il 04 Apr 2017

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Nell’ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione Europea, nonostante i i notevoli progressi realizzati dall’Italia in termini di copertura e capillarità delle reti fisse a banda ultra-larga, il nostro paese, complessivamente non migliora la sua posizione in classifica: resta al 25° posto su 28, precedendo solo Grecia, Bulgaria e Romania, nella medesima posizione che occupa ininterrottamente dal 2014 ad oggi. L’Italia chiaramente non è l’unico paese a muoversi e a fare progressi e quindi per guadagnare posizioni è necessario muoversi più velocemente degli altri…e nello sviluppo delle infrastrutture di rete questo è effettivamente avvenuto. La copertura delle reti fisse a banda ultra-larga è cresciuta di quasi 30 punti percentuali (dal 44% di metà 2015 al 72% del 2016) mentre mediamente in Europa è salita solo di 5 punti percentuali (dal 71% al 76%).

Siamo di fronte al famoso paradosso di Achille e la Tartaruga? La spiegazione in questo caso invece è molto più semplice. A fronte di indicatori in cui registriamo miglioramenti ve ne sono altri (quali ad esempio quello relativo alla percentuale di utenti internet che utilizza servizi di e-goverment diminuito dal 18% al 16% contro una media europea che si attesta al 34%) in cui arretriamo e non solo in termini relativi ma anche in termini assoluti, con buone pace degli obiettivi di domanda dell’agenda digitale (che sarebbero dovuti essere raggiunti entro il 2015) che invece di avvicinarsi si allontanano.

L’evoluzione della posizione occupata espressa dall’indice complessivo Desi è dunque figlia di una compensazione tra indicatori in cui la nostra posizione relativa migliora e altri in cui invece la nostra posizione relativa peggiora. Quanto effettivamente un miglioramento rispetto ad un indicatore sia in grado di compensare il peggioramento di un secondo indicatore oltre che dall’entità del miglioramento / del peggioramento dipende però dal meccanismo di pesi utilizzato nella costruzione dell’indice generale.

I pesi attribuiti ai diversi indicatori dovrebbero essere calibrati in coerenza con l’idea di società digitale che ci si prefigge di raggiungere. Ad esempio se si ritiene che l’evoluzione delle reti mobili e l’intensità di utilizzo delle medesime sia un fattore di vitale importanza per lo sviluppo delle economie digitali, allora anche il peso attribuito agli indicatori corrispondenti deve essere proporzionalmente elevato.

Il Desi, nascendo come evoluzione della Digital Scoreboard, riflette e ricalca invece l’impianto degli obiettivi dell’agenda digitale stabiliti nel 2010, in cui lo sviluppo delle reti mobili inizialmente non era contemplato. Degli 8 elementi che formano l’indicatore “connettività” 3 sono dunque riferiti alla rete mobile mentre i restanti cinque si riferiscono esclusivamente alla connessioni di rete fissa.

Negli ultimi 8 anni tuttavia lo scenario è radicalmente cambiato e, proprio in virtù di un crescente ruolo delle piattaforme di rete mobili nell’economia e nelle nostre vite quotidiane, le stesse istituzioni europee in chiave prospettica hanno posto sempre maggiore attenzione e enfasi proprio ai servizi di rete mobile. Con il potenziamento delle reti 4G e il futuro arrivo del 5G, l’affermazione e lo sviluppo delle economie digitali saranno sempre di più intrinsecamente legati al grado di sviluppo e utilizzo di queste nuove reti, che promettono di rivoluzionare non solo il mondo delle telecomunicazioni, ma anche settori quali ad esempio quello automobilistico, il trasporto passeggeri, la domotica, ma anche l’agricoltura e l’industria manifatturiera più in generale.

Per garantire maggior coerenza tra lo strumento utilizzato per valutare e misurare i progressi fatti da un paese verso l’obiettivo “sviluppo economia digitale” e l’obiettivo medesimo sarebbe quindi opportuno rivedere la struttura del Desi in chiave di una maggiore valorizzazione delle reti mobili (che oggi sono parte integrante e esplicita dei nuovi obiettivi fissati per il 2025).

Un secondo aspetto su cui varrebbe la pena intervenire riguarda invece le modalità con cui i differenti indicatori vengono raggruppati.

Nella comunicazione che accompagna la pubblicazione dei dati del Desi la Commissione Europea attribuisce infatti una particolare rilevanza alla rapidità/inezia con cui i singoli paesi si muovono all’interno della graduatoria ed è per questo che i diversi paesi vengono classificati secondo le seguenti categorie “Running ahead”, “Lagging ahead”, “Catching up”, “Falling Behind”.

Gli indicatori su cui si basa il modello sono però caratterizzati da un diverso grado di dinamicità: alcuni possono variare in maniera significativa in tempi molto brevi mentre altri per muoversi impiegano molto più tempo. Ad esempio, come abbiamo già visto, in Italia la copertura delle reti a banda larga in due anni è passata dal 36% al 72% delle case, mentre, nello stesso periodo di tempo, il numero di laureati in materie scientifiche è rimasto immutato a 14 individui ogni mille persone tra 20 e 29 anni. L’accorpamento di aspetti con diversi gradi di “vischiosità” all’interno del medesimo indicatore rischia di nascondere o comunque far emergere con meno chiarezza gli spostamenti registrati in ambiti che possono variare più velocemente. Pur mantenendo inalterato l’indice complessivo (che è giusto che contempli sia aspetti di breve periodo sia aspetti di lungo periodo), si potrebbe pensare di accostare all’attuale struttura una seconda logica di raggruppamento degli indici basata sul diverso grado di inerzia al cambiamento che li caratterizza.

Cosi facendo se ne ricaverebbe una lettura più nitida in grado di far emergere con maggiore evidenza i paesi che si muovono sui parametri su cui è possibile ottenere risultati in tempi brevi rispetto a quelli che invece intervengono anche su dinamiche strutturali che per loro stessa natura richiedono più tempo per portare a risultati tangibili.

Un indice composito per sua stessa natura si presta a diverse interpretazioni ed è corretto che sia così perché interlocutori differenti attribuiscono un’importanza differente ai singoli aspetti. Le misurazioni della Commissione Europea hanno il pregio di garantire la massima trasparenza in termini di metodologia e disponibilità di dati disaggregati. Le proposte e i suggerimenti contenuti in questo articolo mirano a rendere questo utile strumento, ancora più immediato, diretto e rappresentativo delle realtà di cui si prefigge di misurare i progressi.

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