Le nuove reti 5G consentono la realizzazione di reti eterogenee, composte da un “mix” di macro e micro celle che utilizzano in modo coordinato nuove bande di frequenza con coperture molto diverse. Questa maggior complessità ha come conseguenza l’aumento dell’attività computazionale nei nodi di rete e la necessità di una gestione ottimizzata e centralizzata dei punti di trasmissione. Non dobbiamo dunque meravigliarci della sempre più diffusa definizione di accordi tra operatori di telecomunicazioni per la gestione comune delle torri e dello spettro e della nascita di operatori “wholesale only” o di “neutral host” per la gestione delle frequenze nelle reti virtualizzate.
L’elemento di novità nell’attuale panorama della gestione dello spettro è piuttosto la forte richiesta, da parte di nuovi attori di mercato, di porzioni dedicate dello spettro per un uso definito “regionale” e “locale” ma che sarebbe meglio definire specializzato o, per essere in sintonia con l’universo 5G, verticale.
La richiesta di “spettro dedicato” viene infatti dai grandi operatori dominanti nei mercati verticali dell’automotive, dell’energia o dell’e-health. Si tratta spesso di grandi campioni nazionali (come le grandi case automobilistiche o il complesso delle manifatturiere), che stanno a cuore ai governi e che presentano la richiesta di un accesso preferenziale a porzioni dedicate dello spettro come uno dei punti qualificanti di una politica industriale nazionale. Rispondendo a questa pressione, l’asta 5G tedesca ha riservato, nella preziosissima banda 3.4-3.8 GHZ, un blocco di 100MHz per un uso “regionale”. In realtà, una lettura accurata delle motivazioni alla base delle regole di gara mostra che uno degli obiettivi del regolatore tedesco era quello di mettere a disposizione spettro dedicato per l’importantissimo “vertical” dell’automotive. Certamente non su base “locale” o “regionale”. Questa scelta ha ovviamente reso molto più dura la competizione degli operatori di telecomunicazioni sui 300 MHz residui.
A rendere il quadro ancora più complesso si aggiunge la circostanza che la richiesta di riservare porzioni di spettro ad uso “locale” non viene esclusivamente dalle grandi “industry” verticali del nascente mercato 5G, ma anche dai cosiddetti micro-operatori, ovvero operatori che hanno un ruolo di “local incumbent” in mercati molto ristretti: un porto, una stazione ferroviaria, un aeroporto, un ufficio postale, una grande installazione industriale. Potrebbe trattarsi di Isp, di operatori specializzati o degli stessi gestori o proprietari dell’infrastruttura. Recenti studi hanno mostrato come il ruolo dei micro-operatori sia molto competitivo con quello dei grandi “provider” di connettività. Le competenze specifiche richieste per garantire il servizio sulle micro-reti 5G, la necessità di controllare e gestire in tempo reale reti di sensori e attuatori ad altissima densità, l’obiettivo di gestire “in casa” dell’utente e con le massime garanzie di sicurezza enormi moli di dati, sono obiettivi molto diversi da quelli del business classico dell’operatore di telecomunicazioni, certamente abituato a connettere migliaia di utenti ma non a garantirne l’azione coordinata di uomini e apparati per il raggiungimento di sofisticati obiettivi industriali o di servizio. Dunque, piattaforme hardware e software flessibili, gestite da micro-operatori specializzati, potrebbero essere in grado di rispondere meglio alle esigenze di Industria 4.0 o dei futuri servizi “data intensive” agli utenti e, quindi, richiedere l’uso di spettro dedicato e non più gestito dagli operatori di telecomunicazioni.
Quali conclusioni trarre da queste dinamiche di mercato. Certamente la prima è che la richiesta spesso avanzata dagli operatori di telecomunicazioni ai Governi di mettere a disposizione in modo gratuito le risorse frequenziali non risponde più alle mutate condizioni tecnologiche e di mercato. Piuttosto, gli operatori di telecomunicazioni dovrebbero riconoscere che uno dei loro maggiori vantaggi competitivi nello scenario attuale deriva dal controllo dello spettro e, strategicamente, ricordare ai Governi di aver pagato (e molto) per averne l’uso esclusivo e pretendere che, anche in futuro, ogni porzione di spettro venga assegnata con le procedure competitive che meglio ne rivelano il grande valore industriale e sociale. Le Istituzioni, a loro volta, dovrebbero meglio valutare la qualità e l’attuale utilizzazione dello spettro elettromagnetico, evitando le situazioni di sottoutilizzazione e accaparramento e, soprattutto, evitando accuratamente di assegnare ad operatori in concorrenza tra loro porzioni di spettro equivalenti a condizioni economiche o con impegni di copertura molto diversi.