L'INTERVISTA

Trade war Usa-Cina, Aguiar: “Huawei solo un pretesto. L’Europa non si faccia ingannare”

L’esperto mondiale di Tlc a Corcom: “L’America intimidisce le aziende e la competizione. Ma con il braccio di ferro non si arriva a nulla. La cooperazione e gli standard aperti sono la strada per arrivare a una posizione comune che favorisca la crescita economica”

Pubblicato il 23 Set 2019

aguiar

Rui Luis Andrade Aguiar, 52 anni, portoghese, è un ingegnere, docente universitario di Telecomunicazioni e reti, chair dell’associazione Networld 2020 e uno degli advisor tecnici-chiave dell’Unione europea per decidere le priorità tecnologiche nel settore delle telecomunicazioni. Ed è anche un insolito testimonial a favore dei grandi della tecnologia cinese rispetto ai ban, divieti e lotte commerciali messe in pista dall’America di Donald Trump. CorCom lo ha incontrato a margine di Huawei Connect 2019, la conferenza dedicata agli sviluppatori sulle piattaforme dell’azienda di Shenzen che si è svolta in questi giorni a Shanghai.

Professor Aguiar, cosa sta succedendo tra Usa e Cina? La pressione, i ban per cinque aziende hi-tech, derivano da reali esigenze di sicurezza nazionale o stiamo parlando in realtà di una guerra commerciale travestita?

Le rispondo in questo modo. Se la pressione per la sicurezza fosse facilmente giustificabile, vedremmo tutto il resto del mondo correre ad allinearsi con gli Usa. Questo non succede. Quindi la domanda è: quali prove reali ci sono che gli Usa possono fornire per giustificare la loro posizione? La realtà è che il quadro normativo degli Usa è così capace di proiettarsi verso tutto il mondo che può colpire anche altre aziende per il solo fatto di dialogare con Huawei e gli altri. Vorrei che questo fosse chiaro: il potere degli Usa è intimidente e ho paura che stia spaventando molte aziende.

Verso quali tipi di scenari stiamo andando? Il timore sulla sicurezza degli Usa è giustificato dal nostro punto di vista di europei?

Stiamo andando verso una società completamente connessa, in cui il potere di qualsiasi hacker è enorme. I terroristi non hanno bisogno di lanciare bombe per distruggere e creare la paura, basta invece che acquisiscano il controllo dei computer giusti. Perché siamo sempre più basati su queste macchine. Ma non è Huawei il problema. Non la voglio difendere, anche se so più cose di quelle che sa il pubblico in generale. Ma la realtà è che non ho mai visto prove che supportino le accuse. È possibile che i cinesi ci spiino? Sì. Ho le prove? No.

Quale è la posizione europea corretta secondo lei?

Sono favorevole all’idea che ogni attore presente in Europa segua le leggi europee, non quelle americane o cinesi. Bisogna difendere la cittadinanza europea, il nostro stile di vita, il nostro modo di fare. Con questo sono d’accordo, invece devo segnalare qual è il pericolo davanti al quale ci troviamo: quel che sta succedendo è che non è cambiato niente nella realtà fisica delle cose ma adesso siamo tutti preoccupati perché qualcuno con molto potere ci ha spaventati. Questo non va bene, soprattutto perché è una conversazione che riguarda un uomo solo, svincolato da qualsiasi responsabilità, almeno per quanto riguarda noi europei: Donald Trump.

Come si superano questi conflitti ideologici e commerciali oltre che tecnologici?

Con la birra o con il vino. Nel senso, sedendosi attorno a un tavolo in maniera conviviale, e cominciando a parlare. Solo se si è disponibili a parlare tanto si superano i conflitti e si raggiungono delle posizioni comuni e consensuali. Aggiungo che si devono anche seguire le regole. Ad esempio, Huawei ci sta dicendo che segue tutte le regole europee, inclusa la Gdpr.

Come pensa che finirà questo conflitto?

So che tutti i soggetti sanno benissimo quanto sia importante la tecnologia e quale ruolo abbia nel settore la cooperazione, gli standard aperti e comuni per il bene di tutto il pianeta e per la crescita economica dei Paesi e delle aziende. Mi aspetto che le persone di buona volontà riescano a sedersi assieme e riconsiderare le attuale politiche. Ci sarà sempre competizione economica tra Usa e Cina, non mi fraintenda, ma non deve impedire la cooperazione a vantaggio del futuro e della crescita. Se non riusciamo, allora abbiamo davvero un problema.

Un’ultima domanda: cosa pensa che succederà con le prossime elezioni presidenziali negli Usa?

Non lo so. Però mi preoccupa davvero molto vivere in un mondo in cui parliamo di una sola persona. Spero che, a prescindere dalle elezioni, gli Usa riescano a spostare la conversazione da una sola persona ai problemi fondamentali, che a mio avviso sono la competizione tra Usa e Cina, e la capacità di favorire comunque lo straordinario sviluppo tecnologico della nostra epoca. Mi aspetto si riesca a trovare una strada di “coopetizione”, cooperazione e competizione al tempo stesso. Questo sarebbe un risultato ottimo.

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